mercoledì, aprile 26, 2006

Come al solito i media ci sviano dal vero problema...

Altro che "10 100 1000 1.000.000 di Nassiriya" e bandiere bruciate...

Ora la situazione è questa, noi come stato Italiano stiamo occupando una terra, abbiamo fatto guerra ad uno stato alleandoci con chi alle Nazioni Unite ha fornito false prove per attaccare un paese, non ne ha ricevuto il benestare ed ha cmq fatto quello che voleva. Credo a questo punto si debba andare un attimo a rivedere il significato della parola democrazia, forse non è chiaro a tutti.
Sono morte molte persone e ne stanno morendo parecchie, xchè oltre ai decessi che si hanno in qualsiasi belligeranza si devono sommare tutte le persone che ogni giorno si uccidono per liberare il proprio paese.
Xchè loro non sono i cattivi...
...i cattivi non combattono x la libertà...

Scusate, ma esistono veramente i cattivi, e se esistono bisogna ucciderli?

In questo contesto si aggiunge la questione palestinese e mentre tutti guardano con giusto sdegno chi brucia le bandiere israeliane, nessuno approfondisce la faccenda...

Xchè qualcuno brucia le bandiere d'Israele?
Israele cos'è?
Uno stato, si, democratico, si, ma senza costituzione.
Ah, che strano viene a mancare una parola che vediamo sempre affiancata alle altre 2: stato e democrazia.
Cosa ne consegue?
Qualsiasi legge può venire approvata. E chi le fa queste leggi? Ovviamente gli israeliani.
...ma in Israele non ci vivono anche 1.000.000 di palestinesi...?
E chi li tutela?
Aggiungiamo anche che esistono 2 religioni differenti e di fatto questo implica un'ulteriore punto di distacco.
Come si risolve questo problema?
Iniziamo magari ad erigere un vera democrazia con una genuina costituzione, magari anche senza appoggi economico-politico-militari di altri paesi interessati a creare disordini; sarebbe un sogno, ma pensate che bello se x una volta fosse l'ONU ad occuparsene...

Ma di cosa sto parlando?!?!?!?

ATTENZIONE QUALCUNO HA FISCHIATO IL MINISTRO MORATTI!

Nooo, f-i-s-c-h-i-a-t-o... ...Ministro, Moratti... ...pauL-A.

Concludo con un messaggio diretto a chi ha bruciato la bandiera d'Israele, che ha cantato 10 100 1000 Nassiriya e che ha perfino fischiato il Minostro Moratti: se siete pacifisti i pimi 2 gesti sono paradossali, capisco che è una provocazione, ma vi contraddite e non ha senso; per tutti cmq, attenzione anche queste piccolezze (dico piccolezze, xchè la guerra con i morti con le torture con le bombe al fosforo che bruciano la carne, l'hanno fatta e voluta altri), nel nostro paese possono prendere la prima pagine e rubarla ai fatti + gravi che in questo momento colpiscono noi ed il mondo intero.
Ricordate che la libertà mediatica d'informazione in Italia è scarsa, non lo dico io è una cosa detta e ridetta ed ormai assodata, xchè essere al 77esimo posto in graduatoria, ultima tra le nazioni dell’Europa Occidentale, preceduta da nazioni come Ghana e Papua Nuova Guinea e considerata a livello di libertà d’informazione solo “parzialmente libera” (rapporto Freedom House 2005 (la vera casa delle libertà) quella da cui Berlusconi si è ispirato x dare il nome alla coalizione di centro desta); significa proprio stare attenti a quello che si fa, le provocazioni facciamole in altro modo.

mercoledì, aprile 19, 2006

Riflessioni in vista del 25 aprile


Riflessioni in vista del 25 aprile. Né inciucio né guerra civile

di Piero Sansonetti

Tra qualche giorno è il 25 aprile, e cioè il sessantunesimo anniversario della Liberazione. In molte piazze italiane ci saranno manifestazioni, celebrazioni, cortei. E’ molto importante, per un paese come il nostro, non perdere la memoria e mantenere un legame con la propria storia, con le grandi idee, coi valori che hanno determinato la nascita della Repubblica e la rinascita della democrazia politica in Italia.
C’è un legame tra il ricordo del 25 aprile e le vicende politiche di questi giorni, e dei prossimi? Naturalmente un legame c’è, perché la storia di un paese è una storia continua, nella quale pesano le origini, le battaglie che sono state condotte per la sua libertà, i principi che sono stati stabiliti, concordemente, per il suo sviluppo.
Questo però non vuol dire che si possa immaginare un filo solido e diretto che unisce il 25 aprile alla battaglia elettorale che si è appena conclusa. La lotta politica che è aperta oggi tra il centrodestra e il centrosinistra è una lotta durissima e con la posta molto alta. Ma non assomiglia in nessun modo alla Resistenza, alle azioni dei partigiani e alla guerra antifascista. Dobbiamo uscire dall’idea che lo scontro politico sia, in eterno, una simulazione della guerra, e quindi che la lotta politica di oggi sia uguale a quella - armata e tragicissima - di sessanta e sessantacinque anni fa.
Non è così. Oggi noi viviamo, e lottiamo, in un paese a democrazia politica avanzata, dove sono garantite, in larga parte, le libertà formali. Dentro questa democrazia si svolge la battaglia politica. E noi intendiamo questa battaglia politica come uno sforzo per estendere e rendere universali libertà e i diritti, che oggi sono limitati dalle condizioni sociali ed economiche, dalle discriminazioni, dall’eccesso di privelegi per pochi, e anche, talvolta, da leggi sbagliate.
La sinistrà manifesterà molte volte, spero, contro il centrodestra e contro Berlusconi. E molte volte manifesterà per ricordare la Resistenza e rivendicarne l’eredità. Farà benissimo. Però non deve mischiare questi due piani: ricordare la Resistenza non è la stessa cosa che opporsi a Berlusconi. Berlusconi è un pessimo leader della destra, non è il capo delle forze d’occupazione di una barbara potenza straniera, né l’erede della Repubblica di Salò e dei suoi misfatti. E opporsi con molta nettezza e rigore a ogni ipotesi di “inciucio”, come si dice in politichese, o di Grande coalizione, o di appannamento delle differenze tra destra e sinistra, è doveroso ma non vuol dire trasformarsi in “guerriglieri” e supporre che la lotta tra democrazia e fascismo sia il sale della politica di oggi.
P. S. Il 25 aprile sarà invece una ottima occasione per rilanciare la battaglia per la difesa della Costituzione. A giugno ci sarà un referendum per approvare o respingere la riforma della Costituzione varata a stretta maggioranza dal centrodestra. Quella riforma modifica alcuni dei principi fondamentali della Costituzione del ’48, nata dalla Resistenza e dall’unità delle forze antifasciste. Su questo nessuno può obiettare, se le forze che vogliono difendere quella Costituzione, vorranno richiamarsi al valori del 25 aprile.

19 aprile 2006

Da: www.liberazione.it

sabato, aprile 15, 2006

Natalia Andrade, nuove immagini ed info



Dopo aver scoperto il nome, l'età ed aver mostrato all'Italia alcune immagini della nuova ragazza immagine di Vodafone; ritorno con nuove foto ed informazioni.
Come ho già detto Natalia Andrade ha 24 anni, è Brasiliana, è alta 1,79 cm e le sue misure sono 87, 60, 89.




Della sua vita non so ancora molto (devo trovare l'occasione x parlarle di +... ^^), cmq ha sfilato x i maggiori stilisti italiani e stranieri ed è una delle modelle di FORD.








Devo dire, xò, che in certi momenti è + carina in altri meno, indubbiamente non ha un viso perfetto, ma nel contempo le piccole imperfezioni possono essere apprezzate...

giovedì, aprile 13, 2006

"Con questa maggioranza si può governare. Vi spiego perché"

Bertinotti: "Con questa maggioranza si può governare. Vi spiego perché"

I giornali sono pieni di commenti sulla variante italiana della Merkel, sono pieni di riflessioni sulla Grande coalizione. Con Fausto Bertinotti proviamola a prendere, però, dal "nostro" versante. La domanda è secca: si può governare con il cinquanta virgola uno per cento? Si può governare con un voto di più dell’avversario?
"Domanda secca, risposta secca: sì".

E credi che avrebbero risposto così i leader della sinistra di qualche decennio fa?
Ti faccio una premessa: che io, anche allora, all’inizio degli anni ’70, non ero affatto convinto dell’elaborazione di Berlinguer, secondo cui non si sarebbe dovuto governare con una maggioranza risicata. Ma mettiamo da parte le mie obiezioni di allora. Io credo che non si possano paragonare le due situazioni. L’idea di Berlinguer, elaborata all’indomani del colpo di Stato in Cile, nacque insomma a tutt’altra latitudine. Non era dentro il sistema politico dell’alternanza, nasceva, si fondava soprattutto su un dato: l’esistenza di grandi partiti di massa. Parlo di partiti veri, radicati, popolari. Perché, non scordiamocelo mai, in quegli anni c’era corrispondenza fra paese reale e paese ufficiale, e “paese della politica”. C’era uno scambio continuo fra quei due mondi. Ora la situazione è completamente diversa. Quei partiti, quelle forme-partito non ci sono più. E oggi, soprattutto in ragione dell’alternanza, il voto diventa un mandato preciso alla coalizione. Oggi il voto diventa un mandato ai partiti che fanno parte della coalizione. E’ il mandato a governare, è il mandato a realizzare, comunque, il programma con cui ti sei sottoposto al voto. E si potrà dire quel che si vuole, ma il mandato emerso domenica scorsa mi sembra chiaro: l’Unione deve governare.

Avanti comunque, dici questo?
Certo, ma attenzione. Quello che si realizza sul piano parlamentare è un conto, diverso è ciò che avviene nella società.

Cosa vuoi dire?
Voglio dire che con un voto in più si governa alle Camere, ma non si realizzano le riforme col cinquantuno per cento nella società. Beninteso, non penso ad una logica referendaria da utilizzare ad ogni pie’ sospinto. Penso però che ciò che può passare nelle aule parlamentari con una ristretta maggioranza, poi debba vivere con un consenso assai più vasto. Consenso che può esprimersi attraverso le mille forme della partecipazione: dal conflitto ai pronunciamenti delle comunità locali, a tante altre forme da inventare. Insomma, sarà lì, nel sociale che ti giochi la tua capacità di egemonia, di essere il motore della trasformazione. E per essere ancora più chiaro: col cinquanta e uno per cento puoi modificare le norme che istituzionalizzano la precarietà a vita di un’intera generazione. Ma per cambiare, per riformare davvero, devi avere il consenso del sessanta, settanta per cento del paese. Questa è la scommessa.

Hai tirato fuori una cifra a mo’ di esempio. In un paese che tutti gli osservatori descrivono, invece, come diviso a metà, al 50% A proposito: ti convince la definizione dell’Italia come di una comunità spaccata?
Sì e no.

Più nel dettaglio?
Diciamo così: è sicuramente un paese spaccato politicamente, ma frastagliato - ecco: frastagliato credo sia la definizione giusta - socialmente. Nel senso che la divisione politica, netta e inequivoca, non porta con sé una spaccatura nella vita quotidiana. Si vota diversamente, si hanno magari due concezioni opposte della vita ma poi ci si ritrova al lavoro, al bar, allo stadio. In realtà, insomma, mi sembra che prevalga un fenomeno che chiamerei di voglia di comunità. In questo senso non è esattissima la definizione di Italia spaccata. Quella linea di separazione, insomma, vale per le elezioni, non per tutto il resto. Anche se…

di Stefano Bocconetti (giovedì 13 aprile)

L'ariticolo completo qui... http://www.liberazione.it/notizia.asp?id=3897

domenica, aprile 09, 2006

Cosa c’entrate voi con Gesù?

Lettera all’on. Bondi e al presidente del Consiglio: cosa c’entrate voi con Gesù?

di suor Anna Pia De Marchi e suor Tiziana D’Agostino*

Gentile Premier e gentile onorevole,
con grande sorpresa e sconcerto abbiamo ricevuto il vostro opuscolo dal titolo “I frutti e l’albero. Cinque anni di governo Berlusconi letti alla luce della dottrina sociale della Chiesa”. Noi non accettiamo e non ammettiamo che i membri del Governo possano servirsi della fede e della Chiesa per scopi politici! Ciò è grave!! Con Gesù non si deve scherzare!! Noi spendiamo la vita al servizio del mondo dei poveri, dei senza tetto in tutte le parti del mondo. Ho vissuto 50 anni in terra di missione (Uganda) dove c’è tanta miseria a causa della guerra che dura da 20 anni. Una guerra assurda che obbliga centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini a vivere in campi profughi. Nel vostro opuscolo parlate di “frutti”, dello “stare dalla parte dei più deboli”, “del difendere e rispettare la vita”, “della solidarietà con i popoli più sofferenti” (cooperazione internazionale, remissione del debito…).
Noi suore missionarie dedicate ai più poveri e alle situazioni più disperate rifiutiamo questo vostro abuso nell’utilizzo di parole e concetti così profondi e importanti per noi e per tantissime altre persone solamente per ottenere (in modo deplorevole) Voti! Vi chiediamo: perché questa spesa per pubblicare questi opuscoli non poteva invece essere utilizzata per sollevare il tenore di vita di tanti cittadini italiani che vivono in povertà?
Qui a Palermo, da tempo, noi operiamo in uno dei quartieri più degradati del centro storico: mamme che bussano ogni giorno alla nostra porta con l’ansia dello sfratto o della mancanza di soldi per sfamare i loro bambini o per pagare bollette della luce, del gas ecc… Persone ammalate che non possono procurarsi le medicine perché non mutuabili… Ci chiediamo perché nel vostro libretto, così ben fatto e organizzato, non avete spiegato perché i più ricchi possono ottenere sempre tutto e gratuitamente mentre invece i più poveri (e in Italia ce ne sono sempre di più) non si possono permettere quasi nulla. Invece che una miserabile e squallida pubblicità politica rivolta a tutte le parrocchie e agli istituti religiosi, si poteva organizzare (con le medesime spese) una campagna per la difesa dei diritti di tutti i cittadini italiani (non solo quelli di serie A). Chiediamo che nella nostra Italia, che si dichiara democratica, ci sia più trasparenza e lealtà!
Abbiamo pure letto sul vostro libretto che avete creato leggi ispirate ai valori del Vangelo…Ma quali leggi? Quelle per gli immigrati? O quelle che tutelano i ricchi davanti alla giustizia? O ancora altre che sono il rovescio del comando divino, che dice di spartire il pane con l’affamato, il vestito con l’ignudo, la casa con il povero senza tetto o l’essere una cosa sola con TUTTI non escludendo però i poveri e le masse di disoccupati senza speranza! E’ solo Gesù che può farci riconoscere dai frutti l’albero: e i vostri frutti - caro on. Bondi - quali sono stati? Forse la partecipazione alla guerra in Iraq?
Caro Presidente Silvio Berlusconi hai tanti mezzi a tua disposizione. Ti chiediamo allora, per favore, di non sfruttare in modo indegno il Vangelo e la Sposa di Cristo, la Chiesa.
*missionarie comboniane

7 aprile 2006

Da: www.liberazione.it

venerdì, aprile 07, 2006

A 2 giorni dalle elezioni...

A 2 giorni dalle elezioni scrivo questo post, chiedendomi quale sarà il nostro futuro...
E' nei momenti critici che, spesso, centinaia di pensieri si fanno strada nella mente.

Ma:
Cosa succederà quando il governo di centro sinistra vincerà le elezioni?
Cosa succederà quando il governo di centro destra ri-vincerà le elezioni?

Ebbene in entrambe i casi chi difenderà gli interessi della gente?

..quella gente che voterà per simpatia, quella gente che voterà per i propri interessi senza interessarsi del prossimo e la maggioranza, ebbene si la maggioranza dei votanti, gli indecisi, che "una settimana prima" delle elezioni seguono i dibattiti in TV scegliendo "chi parla meglio"... (le stime dicono che gli indecisi sono il 38%, superano di gran lunga sia i votanti di sinistra che quelli di destra).

Chi vince?

Ha veramente senso a questo punto lamentarsi per le decisioni prese dai nostri governi?
Il problema non risiede altrove?

E' il nostro mondo che ci costruisce e ci governa o siamo noi che creiamo il nostro mondo?

Sfortunatamente l'unica frase che mi viene al momento è: "il mondo che vi ha creati vi distruggerà".


Una speranza xò..

..c'è sempre...






"È mia ferma convinzione che si perde la libertà soltanto per colpa della propria debolezza."
Gandhi

martedì, aprile 04, 2006

I salari italiani sono i più piccoli d’Europa: 1.350 euro al mese

I salari italiani sono i più piccoli d’Europa: 1.350 euro al mese. Lo dice l’Ocse.

Lo sprofondare dei salari italiani, così come emerge dall’ultima indagine dell’Ocse, come sindacalista mi fa vergognare.
Certo, è giusto arrabbiarsi con Berlusconi, il suo governo, la sua politica per i ricchi, il suo incredibile negare la realtà di un generale diffuso impoverimento. Questa rabbia si tradurrà, speriamo, in un voto che mandi a casa il Presidente del Consiglio, anche per far respirare un po’ le nostre buste paga.
Ma dai dati dell’Ocse emerge un quadro ben più grave di quello riconducibile alle scelte di classe di questo governo. Sopra di noi stanno paesi che hanno governi di centrosinistra, così come di centrodestra. Paesi di antica industrializzazione, dal Belgio alla Germania, alla Francia, e paesi che ci hanno scavalcato, dalla Spagna fino alla Corea del Sud. Le retribuzioni di quest’ultimo paese, è bene ricordarlo, solo quindici anni fa venivano utilizzate come spauracchio per i lavoratori italiani, così come oggi avviene per quelle cinesi. Se andiamo avanti così tra una decina d’anni anche i salari cinesi saranno sopra i nostri. Siamo a una catastrofe che viene da lontano.
I salari italiani non solo sono al 23esimo posto nella classifica tra i trenta paesi più industrializzati, ma sono sotto di ben il 19% rispetto alla media dei paesi dell’Euro. Nella sostanza, un lavoratore italiano medio perde più di due mensilità all’anno rispetto ai colleghi francesi, tedeschi, inglesi, belgi. E questa è una media, che nasconde il dramma dei salari dei precari, giovani o anziani che siano, e lo scandaloso permanere di un differenziale negativo per le donne, che a parità di lavoro prendono il 20% in meno dei maschi. A questi dati non corrisponde alcunché di simile per le classi dirigenti. In questi anni gli stipendi dei manager, grazie anche alle laute elargizioni di premi in azioni quasi esentasse, hanno raggiunto i vertici delle retribuzioni mondiali. E’ sicuro che se un operaio è al 23esimo posto nella classifica Ocse, chi comanda nella sua fabbrica si batte per il primo.
Anche la ricchezza finanziaria ha raggiunto in Italia un livello di concentrazione tra i più alti del mondo, mentre la distribuzione del reddito è tra le più sperequate. Insomma, mentre i salari dei lavoratori andavano giù, i profitti, le rendite, i premi per i dirigenti, partivano verso le stelle.
Questa catastrofe sociale si è accompagnata al progressivo crollo della competitività industriale ed economica del nostro paese. Peggio andavano i salari, peggio andava la capacità dell’Italia di produrre, vendere, esportare. Ci sarà un rapporto tra le due cose? Noi pensiamo di sì. Noi siamo convinti che il progressivo declino dei salari, che erano il 60% del reddito nazionale negli anni Settanta e che oggi sono sotto il 48%, sia una delle cause fondamentali della stagnazione economica e sociale del paese. A forza di comprimere e tagliare i salari, è venuta meno in Italia quella spinta fondamentale all’innovazione, alla ricerca, alla crescita della qualità, che invece nel passato aveva permesso la crescita. La politica della concertazione, dei patti sociali, dello scambio tra moderazione salariale e sviluppo, non ha prodotto risultati. Anzi, a 15 anni dall’abolizione della scala mobile e dalla scelta di una politica salariale moderata, il bilancio economico e sociale è negativo. I salari sono andati giù e la produttività e la competitività del sistema li ha seguiti verso il basso.
Per queste ragioni, se è giusto incolpare Berlusconi per gli ultimi disastri, se si vuole davvero cambiare, bisogna che la politica salariale del paese cambi rotta. E’ pertanto necessaria una svolta di fondo nell’iniziativa sindacale.
Ci sono almeno tre punti fermi che è indispensabile affermare:
1. bisogna riconoscere il principio per cui la crescita dei salari è la leva fondamentale per uno sviluppo più gusto del paese. Occorre un vero e proprio ribaltamento della vecchia politica dei due tempi, che prometteva la giustizia dopo la crescita e lo sviluppo. Bisogna far crescere qui ed ora i salari, e si vedrà che in questo modo anche il paese riprenderà a svilupparsi.
2. la crescita dei salari non può avvenire solo con le scelte di politica redistributiva dei governi, con il fisco o con lo stato sociale. E’ necessaria una politica salariale offensiva da parte del sindacato. Bisogna abbandonare la politica della moderazione salariale con l’obiettivo di recuperare almeno il deficit del salario italiano rispetto alla media europea.
3. per ottenere questo occorre una nuova fase di conflitto sociale. Senza di essa non si va da nessuna parte, perché né le imprese, né tutti coloro che si sono arricchiti a discapito dei salari rinunceranno per bontà a quanto hanno ottenuto.
Andiamo tra qualche giorno a votare per mandare via Berlusconi, ma poi, per meglio difendere le nostre buste paga, presentiamoci in tanti ai banchetti ove si raccolgono le firme per ripristinare la scala mobile.

di Giorgio Cremaschi (martedì 4 aprile)

Da: www.liberazione.it

domenica, aprile 02, 2006

Natalia Andrade, nuova ragazza immagine della Vodafone

Eccola finalmente, le rare immagini di Natalia Andrade, la ragazza immagine, che scalza Megane Gale, nella "rivoluzione" Vodafone; Life Is Now!







Modella Brasiliana, ovviamente, giovane, ma non troppo 24 anni...
...ci ha già conquistato?!

Riuscirà a rubare i posto ad Adriana della Tim? (nel mio cuore no ^^)

(...immagini che sono orgoglioso di presentare in anteprima nazionale, credo ^^ ...)

sabato, aprile 01, 2006

Cellulari e salute: ancora dibattiti


Cellulari e salute: ancora dibattiti

1 Aprile 2006

Prosegue il dibattito sugli effetti sulla salute dell'utilizzo prolungato dei telefonini.
Questa volta gli avvertimenti ad un utilizzo consapevole arrivano da uno studio condotto dall'università svedese di Oerebro in collaborazione con il Ministero del Lavoro.
Secondo i ricercatori, utilizzare il telefono per un'ora al giorno, per 200 giorni lavorativi all'anno, porterebbe ad alti rischi di tumore al cervello dopo 10 anni, in particolar modo se chi inizia ha meno di 20 anni.
I ricercatori hanno dichiarato che l'intento di questo studio non è quello di generare allarmismi ma di far sì che la gente utilizzi i cellulari con più attenzione e scelga, quando possibile, di utilizzare linee fisse o auricolari.

Da: www.cellulari.it