Buone notizie, al momento, sulle radiazioni prodotte dai cellulari
Ecco l'ultima notizia nel lungo dibattito sulla possibilità che le radiazioni elettromagnetiche prodotte dai telefoni cellulari possano provocare o meno il cancro.
Questa volta a pronunciarsi è l'Institute of Cancer Epidemiology di Copenaghen che ha condotto uno studio a lungo termine su un campione di 400,000 utenti che abbiano sottoscritto un abbonamento alla telefonia cellulare dal 1982 al 1995.
L'Istituto ha comunicato di non aver trovato correlazioni tra rischio di tumori e utilizzo di telefoni cellulari, sia per chi li utilizza da molto tempo, sia per i nuovi utenti.
Positivo il fatto che questo studio sia stato condotto a lungo termine (+ di 10 anni); dubbi sull'attendibilità dei risultati c'è sempre...
venerdì, dicembre 08, 2006
sabato, ottobre 07, 2006
Un cellulare per rilevare tossine nell'aria
Magari...
Gentag è una società specializzata in sensori per cellulari, ha brevettato recentemente un metodo per rendere i telefonini capaci di rilevare sostanze tossiche nell'aria. Questo può essere uno strumento utilizzato per proteggere l'utente sia da conseguenze di attacchi terroristici che da eventuali pericoli ambientali. Non si sa se e quando questa tecnologia verrà applicata a qualche apparecchio, ma potrebbe essere molto utile a chi per lavoro si trova in ambienti a rischio chimico oppure ha allergie a determinati prodotti.
Sarebbe una bella utopia che un giorno questi sensori vengano utilizzati e prodotti, anche, per calcolare l'inquinamento dell'aria e renderlo così trasparente a chiunque.
Gentag è una società specializzata in sensori per cellulari, ha brevettato recentemente un metodo per rendere i telefonini capaci di rilevare sostanze tossiche nell'aria. Questo può essere uno strumento utilizzato per proteggere l'utente sia da conseguenze di attacchi terroristici che da eventuali pericoli ambientali. Non si sa se e quando questa tecnologia verrà applicata a qualche apparecchio, ma potrebbe essere molto utile a chi per lavoro si trova in ambienti a rischio chimico oppure ha allergie a determinati prodotti.
Sarebbe una bella utopia che un giorno questi sensori vengano utilizzati e prodotti, anche, per calcolare l'inquinamento dell'aria e renderlo così trasparente a chiunque.
lunedì, agosto 28, 2006
Classifica eco-ambientale per le aziende di telefonia e pc. By Greenpeace

L'organizzazione ambientalista Greenpeace ha redatto una "classifica" delle aziende di telefonia e computer rispetto al loro rapporto con l'ambiente; in pratica quanto e come queste aziende inquinano.
Beh, indovinate?
Nessuna azienda produttrice di computer e telefonia mobile è pienamente soddisfacente nell’ambito dell’utilizzo di sostanze chimiche e del riciclaggio dei rifiuti elettronici.
Anche se Nokia e Dell spiccano sulla concorrenza, come + "pulite" e rispettose dell'ambiente.
La casa finlandese sta da tempo operando per eliminare alcuni composti: dalla fine del 2005 tutti i nuovi modelli di telefonino non contengono PVC e dall'inizio del 2007 saranno anche eliminati i ritardanti di fiamma bromurati. Anche Dell, da parte sua, si è posta obiettivi sull'eliminazione di queste sostanze.
Di seguito, HP, Sony Ericsson, Samsung, Sony, LG Electronics, Panasonic, Toshiba , Fujitsu Siemens Computers, Apple, Acer e Motorola.
La Motosola si distingue anche qui...
...la casa che inquina di + in assoluto; non le bastava il primato di peggior produttrice di cellulari del mondo... :D
Cmq ecco il link della suddetta lista con relative spiegazioni, tabelle e parametri della classifica: Qui.
sabato, agosto 26, 2006
Non ci sono prove che i cellulari danneggino il nostro organismo... ...ma: "bambini statene alla larga!"
Non vi sono prove certe per dimostrare se i cellulari siano dannosi o no, ma gli utenti, soprattutto i bambini (quindi anche chi vigila su di loro), dovrebbero stare attenti, secondo quanto emerso oggi da una ricerca realizzata da alcuni scienziati.
L'organo consultivo indipendente britannico, la National Radiological Protection Board (Nrpb), ha detto che ci sono dei rapporti sui vari tipi di effetti dannosi per la salute, anche se alcuni non sono stati ancora confermati.
"Raccomandiamo sempre un uso precauzionale, non abbiamo ancora fatti evidenti che provino che la salute in generale sia colpita dall'uso delle tecnologie dei telefoni mobili", ha dichiarato il presidente del Nrpb, Sir Williams Stewart, nel corso di una conferenza stampa, aggiungendo però di non ritenere di essere in grado di assicurare se i cellulari siano del tutto innocui, data la tecnologia relativamente nuova, e la sua evoluzione, più rapida di qualsiasi studio sull'impatto di queste sulla salute.
Alcune ricerche suggeriscono che i campi delle radiofrequenze potrebbero interferire con i sistemi biologici ma che non è stato possibile realizzare studi a lungo termine.
L'Associazione Mobile Operators in Gran Bretagna, che rappresenta gli operatori della salute e del planning, ha accolto in maniera positiva il rapporto.
"L'elemento chiave è che non compare un'informazione evidente che leghi l'uso della telefonia mobile a affetti nocivi sulla salute", ha detto in una nota il direttore esecutivo dell'associazione Mike Dolan.
In particolare i bambini sono i più vulnerabili per via del loro sistema nervoso ancora in evoluzione. Assorbono grande energia nei tessuti della testa e la loro esposizione è di più lunga durata, riferisce il rapporto.
Stewart raccomanda ai bambini di usare i cellulari il meno possibile.
In attesa di nuove ricerche...
L'organo consultivo indipendente britannico, la National Radiological Protection Board (Nrpb), ha detto che ci sono dei rapporti sui vari tipi di effetti dannosi per la salute, anche se alcuni non sono stati ancora confermati.
"Raccomandiamo sempre un uso precauzionale, non abbiamo ancora fatti evidenti che provino che la salute in generale sia colpita dall'uso delle tecnologie dei telefoni mobili", ha dichiarato il presidente del Nrpb, Sir Williams Stewart, nel corso di una conferenza stampa, aggiungendo però di non ritenere di essere in grado di assicurare se i cellulari siano del tutto innocui, data la tecnologia relativamente nuova, e la sua evoluzione, più rapida di qualsiasi studio sull'impatto di queste sulla salute.
Alcune ricerche suggeriscono che i campi delle radiofrequenze potrebbero interferire con i sistemi biologici ma che non è stato possibile realizzare studi a lungo termine.
L'Associazione Mobile Operators in Gran Bretagna, che rappresenta gli operatori della salute e del planning, ha accolto in maniera positiva il rapporto.
"L'elemento chiave è che non compare un'informazione evidente che leghi l'uso della telefonia mobile a affetti nocivi sulla salute", ha detto in una nota il direttore esecutivo dell'associazione Mike Dolan.
In particolare i bambini sono i più vulnerabili per via del loro sistema nervoso ancora in evoluzione. Assorbono grande energia nei tessuti della testa e la loro esposizione è di più lunga durata, riferisce il rapporto.
Stewart raccomanda ai bambini di usare i cellulari il meno possibile.
In attesa di nuove ricerche...
venerdì, agosto 04, 2006
Nome: Juliana Moreira

Chi + sa ++!!!
Nome: Juliana Moreira
Variante nome: Giuliana
Luogo di nascita: San Paolo (BRASILE)
Data di nascita: 15 aprile 1982
Capelli: neri
Occhi: neri
Ecco Juliana la nuova "valletta" di Mammucari, strano davvero che una ragazza del genere sia brasiliana... ^^
...ormai...
...poi, fanno i servizi contro il turismo sessuale; noi che siamo qui in Italia e vediamo ste ragazze, quando ci parlano del Brasile, a cosa volete che pensiamo? Ronaldinho? Ronaldo? Che giocano bonito a casa, ai quarti... ^^
No, va beh, passatemi ste battute, scandalose, con connotati irrispettosi verso un argomento invece molto serio...
...ovviamente l'uscita inaspettata del Brasile dai mondiali. ^^
Cmq, da quello che si sa è giunta in Italia x amore, amore x un imprenditore ancora ignoto...
...dicevo, amore x i soldi, di provenienza ignota (scherzo; la provenienza dei soldi nn è ignota: mediaset e l'imprenditore, le fonti ci sono ^^); già modella in Brasile ha anche avuto qualche esperienza televisiva sempre nel suo paese.
Sembrerebbe anche appassionata di arti marziali, staremo a vedere; magari un giorno c'ammazza l'ospite di cultura moderna (fai che si la De Filippi, fai che sia la De Filippi...).
Se volete potete rigodervi/godervi tutti i suoi stacchetti a "Cultura Moderna", un pazzo maniaco li registra tutti e poi li pubblica. (Grazie!).
Qui:
http://julianamoreira.altervista.org/page4.html
Di seguito posto qualche foto (prima critico e ironizzo, poi...):






domenica, luglio 30, 2006
U.S.A. - La guerra dei potenti
Medioriente: tutti gli errori dei presidenti Usa
di Patrick Seale*
Dopo aver ignorato la guerra per due settimane, Condoleezza Rice, Segretario di Stato Usa, ha nell’ ultima settimana visitato il Libano ed Israele ed ha partecipato al vertice del gruppo di contatto a Roma. Sfortunatamente, in ogni posto dove si è fermata ha sbagliato quasi tutto. Non solo per colpa sua. lei è succube di una politica estera americana sbagliata.
Il suo primo, e più importante, errore è stato quello di non insistere per un cessate il fuoco. Aspetta, ha dichiarato, che le condizioni "siano costruttive". Un cessate il fuoco sarebbe inutile, ha detto, se come effetto restaurasse semplicemente lo status quo che c’era prima dello scontro tra Israele e gli Hezbollah. Il suo scopo, ha spiegato, è quello di portare un deciso miglioramento alle condizioni di Israele, per creare un "nuovo Medio Oriente democratico". Questo naturalmente è un discorso che può piacere solo ad Israele ed è pura fantasia.
Fino a quando gli Stati Uniti si interesseranno solo della sicurezza di Israele ed ignoreranno gli interessi delle parti Arabe coinvolte nel conflitto, gli sforzi di Condoleezza Rice saranno condannati al fallimento.
Il suo secondo errore è stato quello di non invitare gli Hezbollah, la Siria e L’Iran all’incontro di Roma. Come può sperare di raggiungere un accordo se le parti coinvolte nel conflitto sono assenti? (Anche Israele era assente, ma i suoi interessi erano ampiamente rappresentati dagli Stati Uniti). La risposta è che Dr. Rice non ha nessun interesse a raggiungere un accordo o mediare ad una soluzione. Condoleezza vuole solo imporre condizioni ai nemici di Israele, o permettere che che Israele lo faccia per conto suo.
Niente descrive meglio le contraddizioni della politica americana del fatto che Washington sta fornendo ad Israele bombe di precisione e benzina per gli aerei per un valore di centinaia di milioni di dollari, allo stesso tempo invia aiuti umanitari per 30 milioni di dollari la popolazione libanese.
A Beirut Rice ha sparso lacrime di coccodrillo per la morte di oltre 350 libanesi, quasi tutti civili, il ferimento i migliaia di persone e il trasferimento forzato - dai loro villaggi distrutti - di oltre 800 mila libanesi. In Israele non ha esitato quando il primo ministro Olmert ha annunciato di continuare i bombardamenti. Basta solo questo perché agli occhi del mondo risulti colpevole.
L’obiettivo dichiarato di Rice è assicurare il rilascio dei due soldati israeliani catturati, disarmare Hezbollah e costringerli a retrocedere per 20 chilometri dal confine con Israele, per poi installare una forza internazionale per prevenire futuri attacchi contro Israele. Questi sono obiettivi irrealistici, in quanto non danno agli Hezbollah e ai suoi sostenitori nessuna ragione per adeguarsi.
Rice avrebbe ottenuto maggior successi se fosse stata più equilibrata. Per esempio avrebbe potuto: a) chiedere una tregua, il che significa la sospensione delle azioni militari da entrambe le parti, allo scopo di permettere la distribuzione degli aiuti alla popolazione civile; b) insistere in uno scambio di prigionieri (inclusi alcuni prigionieri libanesi che sono detenuti nelle carceri israeliane da almeno 30 anni); c) chiedere a Hezbollah di ritirarsi dalla zona di frontiera in cambio di un ritiro di Israele dalla zona di Shebaa, un’area in territorio libanese occupato dal 1967. Queste richieste avrebbero potuto gettare alcune basi per un cessate il fuoco permanente.
Il terzo errore della Rice è stato il suo tentativo di racimolare una forza internazionale per disarmare Hezbollah. E’ una assurdità. Se una forza di pace fosse dislocata al solo scopo di proteggere Israele sarebbe immediatamente attaccata da Hezbollah. Nessuno Stato sarebbe disposto ad esporre le proprie truppe in questo modo.
Se invece a questa forza internazionale fosse dato un mandato di imporre la pace, e non solamente un mandato di peace-keeping, dovrebbe avere la capacità di fermare Israele come Hezbollah. Sarebbe in grado di prevenire le incursioni israeliane, come è spesso accaduto in passato? Darebbe la caccia ai numerosi agenti israeliani che si trovano in Libano, come la cellula recentemente scoperta dalle autorità libanesi che avrebbe avuto il compito di portare a termine degli assassini mirati?
Avrebbe la capacità di fermare gli aerei israeliani che sorvolassero il territorio libanese, un fatto che accade regolarmente da 40 anni? Se la risposta a queste domande è “no”, l’idea di una forza internazionale è meglio che sia abbandonata.
Condoleezza Rice è nella scomoda posizione di aver ereditato una politica americana difettosa. E non appare avere le capacità e la forza per cambiare direzione.
A parte le numerose piccole aggressioni, Israele invase il Libano nel 1978. L’allora presidente Jimmy Carter gli ordinò di ritirarsi. Questo avvenne, ma solo dopo che era stata formata una zona di sicurezza sotto il controllo di una forza militare. Nel 1982 Israele invase di nuovo, provocando la morte di almeno 20 mila libanesi e palestinesi, bombardando Beirut. Piuttosto che imitare Carter, il presidente Reagan decise di negoziare il ritiro. Come risultato, con la complicità americana, Israele mantenne l’occupazione di un 10% del territorio libanese fino a quando dovette abbandonarlo in conseguenza della guerriglia di Hezbollah nel 2000.
Permettere ad Israele di restare per 22 anni nel sud del Libano è stato uno dei maggiori errori della politica americana. Hezbollah è il prodotto di quella politica. Con la benedizione di Washington il ministro della difesa israeliano Peretz ora intende stabilire una nuova zona di sicurezza. Il leader degli Hezbollah Nasrallah, ha minacciato l’uso della guerriglia. E’ una ricetta per un conflitto permanente.
Qualcuno dovrebbe spiegare alla Rice che Hezbollah non è una organizzazione terroristica. E’ un movimento di resistenza che non ha intenzione di rinunciare alle armi fino quando si sentirà minacciata da Israele.
Un secondo e più grande errore degli Usa fu quello di permettere l’occupazione da parte idi Israele della West Bank e di Gaza negli ultimi 39 anni. Hamas è un prodotto di quella politica. I conflitti in Libano e in Palestina sono legati. Israele non può continuare ad uccidere palestinesi ed aspettarsi che il fronte libanese resti tranquillo. Il terzo errore americano fu quello di permettere che l’occupazione delle alture del Golan proseguisse, e che fosse permesso a Israele di imporre delle colonie. Nel marzo del 2000, Clinton in un incontro con il presidente siriano Asad arrivò vicino ad un accordo. Ma influenzato da cattivi consiglieri, come Dennis Ross Clinton fallì con Barak, l’allora primo ministro israeliano.
Condoleezza Rice sostiene di volere l’implementazione della risoluzione 1559, che chiede il disarmo di Hezbollah. Ma cosa ne pensa della risoluzione 242 passata dopo la guerra del 1967 che proclama l’inammissibilità dell’acquisizione di territori attraverso la guerra? I principali problemi che interessano quell’area - inclusa la rabbia, la violenza, la resistenza armata e il terrorismo - sono il frutto del fallimento americano nel non fare rispettare quella risoluzione.
Condoleezza Rice dice che vuole una pace “basata su principi durevoli e non su soluzioni temporanei”. E’ un obiettivo ammirevole, purché i principi siano quelli giusti.
*Ex corrispondente del settimanale inglese The Observer, ha passato trent’anni a contatto con il Medioriente e con i più importati leader della regione. Ha pubblicato numerosi libri.
28 luglio 2006
di Patrick Seale*
Dopo aver ignorato la guerra per due settimane, Condoleezza Rice, Segretario di Stato Usa, ha nell’ ultima settimana visitato il Libano ed Israele ed ha partecipato al vertice del gruppo di contatto a Roma. Sfortunatamente, in ogni posto dove si è fermata ha sbagliato quasi tutto. Non solo per colpa sua. lei è succube di una politica estera americana sbagliata.
Il suo primo, e più importante, errore è stato quello di non insistere per un cessate il fuoco. Aspetta, ha dichiarato, che le condizioni "siano costruttive". Un cessate il fuoco sarebbe inutile, ha detto, se come effetto restaurasse semplicemente lo status quo che c’era prima dello scontro tra Israele e gli Hezbollah. Il suo scopo, ha spiegato, è quello di portare un deciso miglioramento alle condizioni di Israele, per creare un "nuovo Medio Oriente democratico". Questo naturalmente è un discorso che può piacere solo ad Israele ed è pura fantasia.
Fino a quando gli Stati Uniti si interesseranno solo della sicurezza di Israele ed ignoreranno gli interessi delle parti Arabe coinvolte nel conflitto, gli sforzi di Condoleezza Rice saranno condannati al fallimento.
Il suo secondo errore è stato quello di non invitare gli Hezbollah, la Siria e L’Iran all’incontro di Roma. Come può sperare di raggiungere un accordo se le parti coinvolte nel conflitto sono assenti? (Anche Israele era assente, ma i suoi interessi erano ampiamente rappresentati dagli Stati Uniti). La risposta è che Dr. Rice non ha nessun interesse a raggiungere un accordo o mediare ad una soluzione. Condoleezza vuole solo imporre condizioni ai nemici di Israele, o permettere che che Israele lo faccia per conto suo.
Niente descrive meglio le contraddizioni della politica americana del fatto che Washington sta fornendo ad Israele bombe di precisione e benzina per gli aerei per un valore di centinaia di milioni di dollari, allo stesso tempo invia aiuti umanitari per 30 milioni di dollari la popolazione libanese.
A Beirut Rice ha sparso lacrime di coccodrillo per la morte di oltre 350 libanesi, quasi tutti civili, il ferimento i migliaia di persone e il trasferimento forzato - dai loro villaggi distrutti - di oltre 800 mila libanesi. In Israele non ha esitato quando il primo ministro Olmert ha annunciato di continuare i bombardamenti. Basta solo questo perché agli occhi del mondo risulti colpevole.
L’obiettivo dichiarato di Rice è assicurare il rilascio dei due soldati israeliani catturati, disarmare Hezbollah e costringerli a retrocedere per 20 chilometri dal confine con Israele, per poi installare una forza internazionale per prevenire futuri attacchi contro Israele. Questi sono obiettivi irrealistici, in quanto non danno agli Hezbollah e ai suoi sostenitori nessuna ragione per adeguarsi.
Rice avrebbe ottenuto maggior successi se fosse stata più equilibrata. Per esempio avrebbe potuto: a) chiedere una tregua, il che significa la sospensione delle azioni militari da entrambe le parti, allo scopo di permettere la distribuzione degli aiuti alla popolazione civile; b) insistere in uno scambio di prigionieri (inclusi alcuni prigionieri libanesi che sono detenuti nelle carceri israeliane da almeno 30 anni); c) chiedere a Hezbollah di ritirarsi dalla zona di frontiera in cambio di un ritiro di Israele dalla zona di Shebaa, un’area in territorio libanese occupato dal 1967. Queste richieste avrebbero potuto gettare alcune basi per un cessate il fuoco permanente.
Il terzo errore della Rice è stato il suo tentativo di racimolare una forza internazionale per disarmare Hezbollah. E’ una assurdità. Se una forza di pace fosse dislocata al solo scopo di proteggere Israele sarebbe immediatamente attaccata da Hezbollah. Nessuno Stato sarebbe disposto ad esporre le proprie truppe in questo modo.
Se invece a questa forza internazionale fosse dato un mandato di imporre la pace, e non solamente un mandato di peace-keeping, dovrebbe avere la capacità di fermare Israele come Hezbollah. Sarebbe in grado di prevenire le incursioni israeliane, come è spesso accaduto in passato? Darebbe la caccia ai numerosi agenti israeliani che si trovano in Libano, come la cellula recentemente scoperta dalle autorità libanesi che avrebbe avuto il compito di portare a termine degli assassini mirati?
Avrebbe la capacità di fermare gli aerei israeliani che sorvolassero il territorio libanese, un fatto che accade regolarmente da 40 anni? Se la risposta a queste domande è “no”, l’idea di una forza internazionale è meglio che sia abbandonata.
Condoleezza Rice è nella scomoda posizione di aver ereditato una politica americana difettosa. E non appare avere le capacità e la forza per cambiare direzione.
A parte le numerose piccole aggressioni, Israele invase il Libano nel 1978. L’allora presidente Jimmy Carter gli ordinò di ritirarsi. Questo avvenne, ma solo dopo che era stata formata una zona di sicurezza sotto il controllo di una forza militare. Nel 1982 Israele invase di nuovo, provocando la morte di almeno 20 mila libanesi e palestinesi, bombardando Beirut. Piuttosto che imitare Carter, il presidente Reagan decise di negoziare il ritiro. Come risultato, con la complicità americana, Israele mantenne l’occupazione di un 10% del territorio libanese fino a quando dovette abbandonarlo in conseguenza della guerriglia di Hezbollah nel 2000.
Permettere ad Israele di restare per 22 anni nel sud del Libano è stato uno dei maggiori errori della politica americana. Hezbollah è il prodotto di quella politica. Con la benedizione di Washington il ministro della difesa israeliano Peretz ora intende stabilire una nuova zona di sicurezza. Il leader degli Hezbollah Nasrallah, ha minacciato l’uso della guerriglia. E’ una ricetta per un conflitto permanente.
Qualcuno dovrebbe spiegare alla Rice che Hezbollah non è una organizzazione terroristica. E’ un movimento di resistenza che non ha intenzione di rinunciare alle armi fino quando si sentirà minacciata da Israele.
Un secondo e più grande errore degli Usa fu quello di permettere l’occupazione da parte idi Israele della West Bank e di Gaza negli ultimi 39 anni. Hamas è un prodotto di quella politica. I conflitti in Libano e in Palestina sono legati. Israele non può continuare ad uccidere palestinesi ed aspettarsi che il fronte libanese resti tranquillo. Il terzo errore americano fu quello di permettere che l’occupazione delle alture del Golan proseguisse, e che fosse permesso a Israele di imporre delle colonie. Nel marzo del 2000, Clinton in un incontro con il presidente siriano Asad arrivò vicino ad un accordo. Ma influenzato da cattivi consiglieri, come Dennis Ross Clinton fallì con Barak, l’allora primo ministro israeliano.
Condoleezza Rice sostiene di volere l’implementazione della risoluzione 1559, che chiede il disarmo di Hezbollah. Ma cosa ne pensa della risoluzione 242 passata dopo la guerra del 1967 che proclama l’inammissibilità dell’acquisizione di territori attraverso la guerra? I principali problemi che interessano quell’area - inclusa la rabbia, la violenza, la resistenza armata e il terrorismo - sono il frutto del fallimento americano nel non fare rispettare quella risoluzione.
Condoleezza Rice dice che vuole una pace “basata su principi durevoli e non su soluzioni temporanei”. E’ un obiettivo ammirevole, purché i principi siano quelli giusti.
*Ex corrispondente del settimanale inglese The Observer, ha passato trent’anni a contatto con il Medioriente e con i più importati leader della regione. Ha pubblicato numerosi libri.
28 luglio 2006
giovedì, luglio 13, 2006
La realtà odierna tra Zidane e Calderoli
Violenza e razzismo
Approfitto dello scalpore che hanno fatto 2 notizie, recenti, in questi giorni; mi riferisco alla testata di Zidane in finale dei mondiali e le affermazioni dell' On. Calderoli.
Nella nostra società, ormai multietnica, spesso ci troviamo di fronte a problemi derivanti dalle divergenze che nascono quando entrano in contatto diverse culture.
In questi giorni ho confermato i miei timori; da una parte razzisti che sparano a 0 su qualsiasi differente razza, ideologia politica e religione; dall'altra emigrati (e persone che x vari motivi li giustificano) che vivendo in una diversa realtà sociale tendono a smantellare quel grande baluardo che le democrazie moderne possiedono (almeno, dovrebbero), cioè il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo.
Cmq passiamo subito ai fatti, ovvero le dichiarazioni dei 2:
On. Calderoli: "Quella di Berlino è una vittoria della nostra identità, dove una squadra che ha schierato lombardi, campani, veneti o calabresi, ha vinto contro una squadra che ha perso, immolando per il risultato la propria identità, schierando negri, islamici e comunisti!"
(Ma fino ad ieri nn ce l'aveva anche con i romani, campani ed i calabresi?)
Calderoli ci ha abituato ad affermazioni peggiori, ma a mio parere una persona che si permette di fare dichiarazioni così gravi a livello razziale, contro tutto ciò che è diverso, NON PUO' SVOLGERE NESSUNA CARICA POLITICA IN QUANTO ESSA ENTREREBBE IN CONTRAPPOSIZIONE CON LA NOSTRA COSTITUZIONE, che come principio base sostiene:
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
E per cittadini si intendono anche quelli stranieri che si trovano nel nostro Paese.
Ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza, l'origine o la convinzione religiosa è considerato dalla legge italiana discriminatorio (art.42 del d.lgs. 286/98). (Ulteriori info qui).
Zidane: "Offesa la mia famiglia, non mi pento" "Prima mi ha abbracciato e mi ha tirato per la maglia. Gli ho detto che gliela davo dopo la partita. Ma lui mi ha insultato duramente, lo ha fatto più volte e alla fine non ho riflettuto ed ho reagito. Sono un uomo e certe parole fanno più male dei pugni. Mi scuso con tutti i bambini, queste cose non si fanno ma non rinnego questo gesto. Farlo sarebbe come dare ragione alle cose che mi sono state dette".
Malika Zidane(madre del giocatore): "Se Materazzi ha detto veramente certe cose, voglio i suoi testicoli su un piatto".
Allora, I qualsiasi sia l'offesa, una reazione di violenza è SEMPRE DA CONDANNARE, II 6 un calciatore strapagato, hai "tutto" nella vita, hai bisogno anche di essere sopra gli altri e nn rispettare le regole-leggi?
III se è giustificata una testata violenta nello sterno, o peggio, una mutilazione fisica (come avviene in certi paesi islamici, ricordiamolo) viceversa qual è la punizione x un atto di violenza simile? La pena di morte? Una mente logica e razionale, "libera", può accettare una cosa del genere; la parola caos nn ci dice nulla?
IV Il caso Totti, agli europei fece scaplore, condanna unanime e giusta; un calciatore x quanto insultato e messo sotto pressione a livello fisico, anche in modo eccessivo, nn può avere una reazione simile; xchè in quel caso il parere era unanime ed oggi no? Nn stiamo commettendo uno degli errori + clasisci, cioè razzismo, nel razzismo? Zidane xchè fa parte di una "minoranza" può essere giustificato o peggio compatito?
Io è dalla fine del mondiale che mi chiedo: cosa mai gli avrà detto Materazzi?
La cosa nn è piaciuta nemmeno a me, a prescindere dal tipo di provocazione...
...è stata una finale sporcata da quest'evento, ma chi ha commesso il vero errore?
...il grave errore...
Approfitto dello scalpore che hanno fatto 2 notizie, recenti, in questi giorni; mi riferisco alla testata di Zidane in finale dei mondiali e le affermazioni dell' On. Calderoli.
Nella nostra società, ormai multietnica, spesso ci troviamo di fronte a problemi derivanti dalle divergenze che nascono quando entrano in contatto diverse culture.
In questi giorni ho confermato i miei timori; da una parte razzisti che sparano a 0 su qualsiasi differente razza, ideologia politica e religione; dall'altra emigrati (e persone che x vari motivi li giustificano) che vivendo in una diversa realtà sociale tendono a smantellare quel grande baluardo che le democrazie moderne possiedono (almeno, dovrebbero), cioè il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo.
Cmq passiamo subito ai fatti, ovvero le dichiarazioni dei 2:

(Ma fino ad ieri nn ce l'aveva anche con i romani, campani ed i calabresi?)
Calderoli ci ha abituato ad affermazioni peggiori, ma a mio parere una persona che si permette di fare dichiarazioni così gravi a livello razziale, contro tutto ciò che è diverso, NON PUO' SVOLGERE NESSUNA CARICA POLITICA IN QUANTO ESSA ENTREREBBE IN CONTRAPPOSIZIONE CON LA NOSTRA COSTITUZIONE, che come principio base sostiene:
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
E per cittadini si intendono anche quelli stranieri che si trovano nel nostro Paese.
Ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza, l'origine o la convinzione religiosa è considerato dalla legge italiana discriminatorio (art.42 del d.lgs. 286/98). (Ulteriori info qui).

Malika Zidane(madre del giocatore): "Se Materazzi ha detto veramente certe cose, voglio i suoi testicoli su un piatto".
Allora, I qualsiasi sia l'offesa, una reazione di violenza è SEMPRE DA CONDANNARE, II 6 un calciatore strapagato, hai "tutto" nella vita, hai bisogno anche di essere sopra gli altri e nn rispettare le regole-leggi?
III se è giustificata una testata violenta nello sterno, o peggio, una mutilazione fisica (come avviene in certi paesi islamici, ricordiamolo) viceversa qual è la punizione x un atto di violenza simile? La pena di morte? Una mente logica e razionale, "libera", può accettare una cosa del genere; la parola caos nn ci dice nulla?
IV Il caso Totti, agli europei fece scaplore, condanna unanime e giusta; un calciatore x quanto insultato e messo sotto pressione a livello fisico, anche in modo eccessivo, nn può avere una reazione simile; xchè in quel caso il parere era unanime ed oggi no? Nn stiamo commettendo uno degli errori + clasisci, cioè razzismo, nel razzismo? Zidane xchè fa parte di una "minoranza" può essere giustificato o peggio compatito?
Io è dalla fine del mondiale che mi chiedo: cosa mai gli avrà detto Materazzi?
La cosa nn è piaciuta nemmeno a me, a prescindere dal tipo di provocazione...
...è stata una finale sporcata da quest'evento, ma chi ha commesso il vero errore?
...il grave errore...
lunedì, luglio 10, 2006
CAMPIONI DEL MONDO!!!
Finalmente vedo l'italia vincere il mondiale!
Ragazzi, era il '94, la finale col Brasile persa guarda caso ai rigori...
...12 anni fa piansi, forse l'unica volta nella mia vita, x il calcio (avevo 11 anni ^^)...
...è da allora che mi chiedo come può essere assistere alla vittoria della propria nazionale ai mondiali...
...ora lo so; GRANDI AZZURRI!!!
Prima della partita ho avuto la fortuna e l'onore di fare una foto con il grande Spillo Altobelli, che segnò il III goal in finale nell''82, forse, anche questo gesto c'ha portato fortuna... ^^

P.s. L'anno prossimo sono in Erasmus a Nizza, in Francia...
...orami eravamo in finale proprio con la Francia...
...se perdevamo ero lo zimbello italiano di turno, ora...?
Cmq, nn mi interessa, sarò a Nizza e a Parigi con la maglia azzurra, con su 19 Zambrotta!!!
...x la IV^ stellina vedrò...
...nn so dove metterla...
Campioni del mondo!!!
Ragazzi, era il '94, la finale col Brasile persa guarda caso ai rigori...
...12 anni fa piansi, forse l'unica volta nella mia vita, x il calcio (avevo 11 anni ^^)...
...è da allora che mi chiedo come può essere assistere alla vittoria della propria nazionale ai mondiali...
...ora lo so; GRANDI AZZURRI!!!
Prima della partita ho avuto la fortuna e l'onore di fare una foto con il grande Spillo Altobelli, che segnò il III goal in finale nell''82, forse, anche questo gesto c'ha portato fortuna... ^^

P.s. L'anno prossimo sono in Erasmus a Nizza, in Francia...
...orami eravamo in finale proprio con la Francia...
...se perdevamo ero lo zimbello italiano di turno, ora...?
Cmq, nn mi interessa, sarò a Nizza e a Parigi con la maglia azzurra, con su 19 Zambrotta!!!
...x la IV^ stellina vedrò...
...nn so dove metterla...
Campioni del mondo!!!
sabato, luglio 08, 2006
Messaggio agli Azzurri

Ragazzi, avevate le potenzialità per arrivare in finale e ci siete, ma attenti a non dare x scontato nulla; giocate al massimo e siate cinici!
Avete l'occasione di entrare nella storia e di dimostrare una volta per tutte che il calcio italiano è ancora il migliore del mondo.
Siamo con voi, FORZA AZZURRI!
Quando un gioco unisce milioni di persone...
lunedì, luglio 03, 2006
Ora è possibile controllare la propria posta di GMail, anche, col proprio telefonino
Gmail per dispositivi mobili
Apri la pagina http://m.gmail.comnel browser Web del tuo cellulare per accedere a Gmail dal tuo telefono cellulare o dispositivo mobile. È facile da usare e gratuito (tuttavia il tuo gestore di telefonia cellulare potrebbe addebitarti alcuni costi).
Inoltre, include alcune funzioni interessanti:
* interfaccia ottimizzata automaticamente per il cellulare utilizzato
* possibilità di aprire gli allegati contenuti nei messaggi, ad esempio foto, documenti Microsoft Word e file PDF
* possibilità di rispondere a un messaggio con una chiamata (se il numero di telefono del contatto è stato aggiunto nell'Elenco contatti Gmail)
Molto utile specialmente xchè Google essendo molto leggero nella navigazione ci farà spendere poco o nulla nella navigazione wap; a meno che nn ci mettiamo a scaricare direttamente gli allegati sul cell... ^^
Cmq davvero interessante il fatto che sarà possibile visualizzare anche file di tipo .doc e .pdf (acrobat reader).
Apri la pagina http://m.gmail.comnel browser Web del tuo cellulare per accedere a Gmail dal tuo telefono cellulare o dispositivo mobile. È facile da usare e gratuito (tuttavia il tuo gestore di telefonia cellulare potrebbe addebitarti alcuni costi).
Inoltre, include alcune funzioni interessanti:
* interfaccia ottimizzata automaticamente per il cellulare utilizzato
* possibilità di aprire gli allegati contenuti nei messaggi, ad esempio foto, documenti Microsoft Word e file PDF
* possibilità di rispondere a un messaggio con una chiamata (se il numero di telefono del contatto è stato aggiunto nell'Elenco contatti Gmail)
Molto utile specialmente xchè Google essendo molto leggero nella navigazione ci farà spendere poco o nulla nella navigazione wap; a meno che nn ci mettiamo a scaricare direttamente gli allegati sul cell... ^^
Cmq davvero interessante il fatto che sarà possibile visualizzare anche file di tipo .doc e .pdf (acrobat reader).
domenica, luglio 02, 2006
Modo semplice e veloce per creare userbars
X chi nn lo sapesse, ancora, gli userbars sono "quella specie" di banner 350x19 pix che molti utenti di forum utilizzano come firma.
Ne esistono di vari tipi alcuni rappresentano alleanze, club, altri ancora sono + specifici e rappresentano interessi personali; insomma, vari modi x distinguersi e comunicare alle altre persone i propri interessi.
Il link che vi riporterò di seguito è di un sito che automaticamente produce gli userbars personalizzati; è molto seplice da utilizzare.
http://userbarmaker.com
Eccovi alcuni esempi:






Se invece siete abili nell'utilizzare Photoshop o semplicemente il programma sopra linklato vi sembra limitato eccovi una breve guida x crearli con Photoshop, appunto.
Guida
(E' un' immagine che vi guida passo x passo alla creazione degli userbars tramite Photoshop)
Ne esistono di vari tipi alcuni rappresentano alleanze, club, altri ancora sono + specifici e rappresentano interessi personali; insomma, vari modi x distinguersi e comunicare alle altre persone i propri interessi.
Il link che vi riporterò di seguito è di un sito che automaticamente produce gli userbars personalizzati; è molto seplice da utilizzare.
http://userbarmaker.com
Eccovi alcuni esempi:






Se invece siete abili nell'utilizzare Photoshop o semplicemente il programma sopra linklato vi sembra limitato eccovi una breve guida x crearli con Photoshop, appunto.
Guida
(E' un' immagine che vi guida passo x passo alla creazione degli userbars tramite Photoshop)
mercoledì, giugno 14, 2006
Moggi anche in pes!!!
L'altro giorno stavo giocando con i miei amici a pes (winning eleven) Juventus - Barcellona, ad un certo punto abbiamo scoperto il tramaccio; calciopoli anche nella palystation, l'influenza di Moggi ha colpito anche i programmatori della konami o l'hw stesso della play (^^')...
...il mio amico che utilizzava il barca riesce a tirare in porta, ma il giocatore della Juve è ben posizionato e "salva" sulla linea della porta un goal fatto...
...peccato che lo faccia con un braccio e ovviamente l'arbitro nn vede. ^^
Ecco il filmato:
...il mio amico che utilizzava il barca riesce a tirare in porta, ma il giocatore della Juve è ben posizionato e "salva" sulla linea della porta un goal fatto...
...peccato che lo faccia con un braccio e ovviamente l'arbitro nn vede. ^^
Ecco il filmato:
martedì, giugno 13, 2006
TVUPlayer finalmente un modo semplice x vedere programmi in streaming
Ecco finalmente un programma facile da utilizzare con cui è possibile vedere programmi trasmessi in chiaro su internet tramite IPTV (tra cui partite dei mondiali, news, altri sport, etc...).
Ovviamente completamente gratuito si chiama TVUPlayer e questa volta nn è in cinese... ^^
Comletamente in inglese. Trovarlo è semplice basta fare una ricerca su google; non linko direttamente x nn intasere i server del download.
(Ho cancellato il post su PPLive xchè creava + confusione che altro; effettivamente quel programma è un po complicato, inoltre molte persone hanno problemi con la traduzione inglese; cmq se qualcuno lo desiderasse lo può trovare qui http://www.pplive.com/en/index.html).
Ovviamente completamente gratuito si chiama TVUPlayer e questa volta nn è in cinese... ^^
Comletamente in inglese. Trovarlo è semplice basta fare una ricerca su google; non linko direttamente x nn intasere i server del download.
(Ho cancellato il post su PPLive xchè creava + confusione che altro; effettivamente quel programma è un po complicato, inoltre molte persone hanno problemi con la traduzione inglese; cmq se qualcuno lo desiderasse lo può trovare qui http://www.pplive.com/en/index.html).
sabato, giugno 10, 2006
Presto batterie a carica istantanea?
Presto batterie a carica istantanea?
10 Giugno 2006
Una batteria che richiede pochi secondi per essere ricaricata e non necessita di sostituzione.
Sembra un sogno ma potrebbe diventare presto una realità grazie a studi effettuati da alcuni ricercatori del Massachussetts Institute of Technology.
Combinando una tecnologia relativamente vecchia, quella dei condensatori, con la nanotecnologia il risultato è stato combinare le prestazioni delle batterie odierne con la velocità e longevità dei condensatori.
Una batteria così realizzata potrebbe essere ricaricata migliaia di volte e in pochissimo tempo, secondi invece che ore.
I vantaggi per l'utente finale sono evidenti: tempi di ricarica ridotti al minimo, nessuna necessità di sostituzione con batterie che durerebbero più a lungo degli apparecchi sul quale sono utilizzate.
Anche per l'ambiente i vantaggi sarebbero evidenti, dal momento che si ridurrebbe notevolmente la quantità di batterie da smaltire, processo costoso e, se non fatto correttamente, decisamente inquinante.
Il team di ricercatori del MIT si aspetta di ultimare i primi prototipi di queste batterie tra pochi mesi e di introdurre i primi esemplari sul mercato nei prossimi cinque anni.
Da: www.telefonino.net
Poco tempo fa era uscita la notizia che verso inizio 2007 sarebbero arrivate sul mercato delle batterie che utilizzavano come fonte d'energia l'idrogeno (con carica istantanea ovviamente, le ricarichi con una bomboletta ^^); queste avrebbero praticamente azzerato l'enorme inquinamento causato dai prodotti in commercio attualmente.
Non vorrei che questa "news" delle batterie istantanee, "vecchio stampo", sia l'ennesima trovata x boicottare l'idrogeno come fonte d'energia alternativa.
I produttori delle batterie al litio in questo momento hanno enormi interessi, ci sono milioni di euro, se nn miliardi, in gioco; quindi piuttosto che perdere il mercato x pareggiare con le concorrenti batterie ad idrogeno (con carica istantanea x forza ^^) ci presentano ora questi nuovi modelli...
...peccato che le batterie al litio danneggino gravemente l'ambiente; anche se il numero viene ridotto il danno continua...
Beh, alla prossima in#%$!§a.
Byezzz
10 Giugno 2006
Una batteria che richiede pochi secondi per essere ricaricata e non necessita di sostituzione.
Sembra un sogno ma potrebbe diventare presto una realità grazie a studi effettuati da alcuni ricercatori del Massachussetts Institute of Technology.
Combinando una tecnologia relativamente vecchia, quella dei condensatori, con la nanotecnologia il risultato è stato combinare le prestazioni delle batterie odierne con la velocità e longevità dei condensatori.
Una batteria così realizzata potrebbe essere ricaricata migliaia di volte e in pochissimo tempo, secondi invece che ore.
I vantaggi per l'utente finale sono evidenti: tempi di ricarica ridotti al minimo, nessuna necessità di sostituzione con batterie che durerebbero più a lungo degli apparecchi sul quale sono utilizzate.
Anche per l'ambiente i vantaggi sarebbero evidenti, dal momento che si ridurrebbe notevolmente la quantità di batterie da smaltire, processo costoso e, se non fatto correttamente, decisamente inquinante.
Il team di ricercatori del MIT si aspetta di ultimare i primi prototipi di queste batterie tra pochi mesi e di introdurre i primi esemplari sul mercato nei prossimi cinque anni.
Da: www.telefonino.net
Poco tempo fa era uscita la notizia che verso inizio 2007 sarebbero arrivate sul mercato delle batterie che utilizzavano come fonte d'energia l'idrogeno (con carica istantanea ovviamente, le ricarichi con una bomboletta ^^); queste avrebbero praticamente azzerato l'enorme inquinamento causato dai prodotti in commercio attualmente.
Non vorrei che questa "news" delle batterie istantanee, "vecchio stampo", sia l'ennesima trovata x boicottare l'idrogeno come fonte d'energia alternativa.
I produttori delle batterie al litio in questo momento hanno enormi interessi, ci sono milioni di euro, se nn miliardi, in gioco; quindi piuttosto che perdere il mercato x pareggiare con le concorrenti batterie ad idrogeno (con carica istantanea x forza ^^) ci presentano ora questi nuovi modelli...
...peccato che le batterie al litio danneggino gravemente l'ambiente; anche se il numero viene ridotto il danno continua...
Beh, alla prossima in#%$!§a.
Byezzz
martedì, giugno 06, 2006
La l'ibertà d'informazione in Italia è un "optional" ormai x tutti
Attacco concentrico su Rifondazione. Confindustria scatenata contro Epifani
Fu così anche negli anni sessanta, sebbene lo scenario fosse molto diverso e fossero molto diverse le forze in campo: quando si insediò il primo governo di centrosinistra (Moro-Nenni), cambiando gli equilibri politici del paese - rompendo il monopolio assoluto della Dc - ci fu una reazione immediata: si mobilitarono forze potenti - organizzate attorno alla grande borghesia, che allora era dominata dalla Fiat dell’ingegner Vittorio Valletta - e misero sotto assedio la nuova alleanza di governo, la quale si proponeva di realizzare alcune riforme non radicalissime, ma neppure indolori (nazionalizzazione dell’energia elettrica, scuola, leggi sul lavoro eccetera...). Qual era l’obiettivo? Spingere il più possibile su un versante moderato il centrosinistra, e quindi evitare che una politica nuova intaccasse i privilegi di rendite e profitto e cambiasse i rapporti di forza tra lavoro e capitale. Furono mobilitati i servizi segreti e settori dei carabinieri, fu preparato un piano di golpe, si misero i dirigenti della sinistra Dc e i socialisti davanti alla minaccia di una azione eversiva delle forze armate, fu coinvolto persino il presidente della Repubblica Antonio Segni democristiano di destra - e si ottenne parecchio. La spinta riformatrice del centrosinistra si attenuò immediatamente.
Sta succedendo un po’ la stessa cosa (per fortuna senza ammutinamenti militari, e speriamo con esiti diversi...). Uno schieramento molto grande di forze politiche, sociali, pezzi ampi di borghesia, giornali, eccetera - e cioè quel largo settore di “potere” che nei mesi scorsi aveva sognato di sostituire Berlusconi con una alleanza politica centrista, si è messo in azione per impedire che il nuovo centrosinistra imponga all’Italia una svolta riformatrice. Questo “fronte di potenti” ha capito che una soluzione politica di centro è impossibile, almeno per il medio periodo, e di conseguenza è passato - come si dice in gergo - al “piano B”: normalizzare l’Unione. Per normalizzarla occorrono due passaggi: il primo è quello di neutralizzare Rifondazione comunista, che è la grande novità dell’alleanza e che si sta dimostrando molto attiva (troppo) e molto autonoma (troppo); il secondo passaggio è quello di battere il sindacato e in particolare la Cgil.
Ieri è stata una di quelle giornate nelle quali le due operazioni si sono mostrate in tutta la loro spettacolarità e contemporaneamente.
I grandi giornali si sono occupati dell’attacco a Rifondazione. Gli industriali hanno mosso all'assalto del sindacato (della Cgil).
La forza d’urto dei giornali contro Rifondazione è stata impressionante. Se prendete solo gli ultimi due o tre giorni potete mettere in fila un bel numero di episodi. La campagna contro Bertinotti, colpevole di aver partecipato alla parata del 2 giugno (o forse colpevole di averlo fatto senza rinnegare la sua storia e le sue convinzioni di pacifista e di uomo di sinistra). La campagna contro la possibilità di rifare la legge sulla fecondazione assistita (che ha coinvolto anche Fabio Mussi, leader della sinistra Ds). La campagna contro l’amnistia (condotta soprattutto da Repubblica, ancora ieri con un articolo di Giuseppe D’Avanzo, nel quale si accusa di “berlusconismo di sinistra” chiunque sia per un provvedimento di clemenza verso i detenuti, e cioè cerchi di imporre all’Unione una linea buonista, che potrebbe sfigurare la limpida immagine forcaiola della miglior sinistra tradizionale).
E da due giorni c’è anche l’assedio del “Corriere della Sera” sul tema degli immigrati, guidato dagli editorialisti più prestigiosi (sabato un articolo di fondo di Alberto Ronchey, che paventava la dittatura islamica in Europa; ieri un secondo articolo di fondo, di Sergio Romano, interamente rivolto contro Gennaro Migliore, capogruppo di Rifondazione alla Camera, indicato come pericoloso sovversivo perché contrario ai Cpt, cioè alle carceri per i migranti).
Mentre sui giornali si dispiegava questa offensiva, a Varese è successo di peggio. Una assemblea di industriali ha interrotto ripetutamente il discorso del capo del sindacato, Guglielmo Epifani, il quale - dicono i testimoni - in modo gentilissimo, come è sua abitudine, cercava di illustrare la linea economica della sua organizzazione. Epifani ha dovuto smettere di parlare (ma nessun giornale, vedrete, si indignerà per i fischi a Epifani: i giornali in genere si indignano solo se i ragazzi fischiano Letizia Moratti) e il capo di Confindustria, Montezemolo, quando ha preso la parola, dopo l’incidente, non ha saputo neppure chiedere scusa (una volta i capi della grande borghesia torinese erano assai più beneducati). E cosa ha detto Montezemolo nel suo discorso, dopo il rifiuto a dialogare coi sindacati? Tre cose. Prima: l’interesse dei lavoratori coincide con gli interessi dell’impresa o non esiste. Seconda: le uniche forze vive in Italia sono gli imprenditori (quelli che una recente ricerca dell’Istat ha definito i peggiori e i meno produttivi di tutta Europa, ndr). Terzo: L’interesse dell’Italia è l’interesse dell’impresa, e quindi occorre flessibilità, possibilità per i padroni di controllare gli orari e i salari, tagli della spesa pubblica, riduzione delle tasse sui profitti. Tutto ciò è compito del governo.
E’ chiaro che la battaglia sarà molto dura in questi mesi, e l'esito non è scontato. La sinistra dell'Unione deve conquistare le sue posizioni perché solo in questo modo salverà l’Unione dal naufragio, cioè dalla resa ai poteri forti. E in questa partita si giocherà anche il futuro del sindacato, e quindi il destino dell’Italia, cioè il profilo economico e e sociale che assumerà nei prossimi anni
Piero Sansonetti (martedì 6 giugno)
Da: www.liberazione.it
Fu così anche negli anni sessanta, sebbene lo scenario fosse molto diverso e fossero molto diverse le forze in campo: quando si insediò il primo governo di centrosinistra (Moro-Nenni), cambiando gli equilibri politici del paese - rompendo il monopolio assoluto della Dc - ci fu una reazione immediata: si mobilitarono forze potenti - organizzate attorno alla grande borghesia, che allora era dominata dalla Fiat dell’ingegner Vittorio Valletta - e misero sotto assedio la nuova alleanza di governo, la quale si proponeva di realizzare alcune riforme non radicalissime, ma neppure indolori (nazionalizzazione dell’energia elettrica, scuola, leggi sul lavoro eccetera...). Qual era l’obiettivo? Spingere il più possibile su un versante moderato il centrosinistra, e quindi evitare che una politica nuova intaccasse i privilegi di rendite e profitto e cambiasse i rapporti di forza tra lavoro e capitale. Furono mobilitati i servizi segreti e settori dei carabinieri, fu preparato un piano di golpe, si misero i dirigenti della sinistra Dc e i socialisti davanti alla minaccia di una azione eversiva delle forze armate, fu coinvolto persino il presidente della Repubblica Antonio Segni democristiano di destra - e si ottenne parecchio. La spinta riformatrice del centrosinistra si attenuò immediatamente.
Sta succedendo un po’ la stessa cosa (per fortuna senza ammutinamenti militari, e speriamo con esiti diversi...). Uno schieramento molto grande di forze politiche, sociali, pezzi ampi di borghesia, giornali, eccetera - e cioè quel largo settore di “potere” che nei mesi scorsi aveva sognato di sostituire Berlusconi con una alleanza politica centrista, si è messo in azione per impedire che il nuovo centrosinistra imponga all’Italia una svolta riformatrice. Questo “fronte di potenti” ha capito che una soluzione politica di centro è impossibile, almeno per il medio periodo, e di conseguenza è passato - come si dice in gergo - al “piano B”: normalizzare l’Unione. Per normalizzarla occorrono due passaggi: il primo è quello di neutralizzare Rifondazione comunista, che è la grande novità dell’alleanza e che si sta dimostrando molto attiva (troppo) e molto autonoma (troppo); il secondo passaggio è quello di battere il sindacato e in particolare la Cgil.
Ieri è stata una di quelle giornate nelle quali le due operazioni si sono mostrate in tutta la loro spettacolarità e contemporaneamente.
I grandi giornali si sono occupati dell’attacco a Rifondazione. Gli industriali hanno mosso all'assalto del sindacato (della Cgil).
La forza d’urto dei giornali contro Rifondazione è stata impressionante. Se prendete solo gli ultimi due o tre giorni potete mettere in fila un bel numero di episodi. La campagna contro Bertinotti, colpevole di aver partecipato alla parata del 2 giugno (o forse colpevole di averlo fatto senza rinnegare la sua storia e le sue convinzioni di pacifista e di uomo di sinistra). La campagna contro la possibilità di rifare la legge sulla fecondazione assistita (che ha coinvolto anche Fabio Mussi, leader della sinistra Ds). La campagna contro l’amnistia (condotta soprattutto da Repubblica, ancora ieri con un articolo di Giuseppe D’Avanzo, nel quale si accusa di “berlusconismo di sinistra” chiunque sia per un provvedimento di clemenza verso i detenuti, e cioè cerchi di imporre all’Unione una linea buonista, che potrebbe sfigurare la limpida immagine forcaiola della miglior sinistra tradizionale).
E da due giorni c’è anche l’assedio del “Corriere della Sera” sul tema degli immigrati, guidato dagli editorialisti più prestigiosi (sabato un articolo di fondo di Alberto Ronchey, che paventava la dittatura islamica in Europa; ieri un secondo articolo di fondo, di Sergio Romano, interamente rivolto contro Gennaro Migliore, capogruppo di Rifondazione alla Camera, indicato come pericoloso sovversivo perché contrario ai Cpt, cioè alle carceri per i migranti).
Mentre sui giornali si dispiegava questa offensiva, a Varese è successo di peggio. Una assemblea di industriali ha interrotto ripetutamente il discorso del capo del sindacato, Guglielmo Epifani, il quale - dicono i testimoni - in modo gentilissimo, come è sua abitudine, cercava di illustrare la linea economica della sua organizzazione. Epifani ha dovuto smettere di parlare (ma nessun giornale, vedrete, si indignerà per i fischi a Epifani: i giornali in genere si indignano solo se i ragazzi fischiano Letizia Moratti) e il capo di Confindustria, Montezemolo, quando ha preso la parola, dopo l’incidente, non ha saputo neppure chiedere scusa (una volta i capi della grande borghesia torinese erano assai più beneducati). E cosa ha detto Montezemolo nel suo discorso, dopo il rifiuto a dialogare coi sindacati? Tre cose. Prima: l’interesse dei lavoratori coincide con gli interessi dell’impresa o non esiste. Seconda: le uniche forze vive in Italia sono gli imprenditori (quelli che una recente ricerca dell’Istat ha definito i peggiori e i meno produttivi di tutta Europa, ndr). Terzo: L’interesse dell’Italia è l’interesse dell’impresa, e quindi occorre flessibilità, possibilità per i padroni di controllare gli orari e i salari, tagli della spesa pubblica, riduzione delle tasse sui profitti. Tutto ciò è compito del governo.
E’ chiaro che la battaglia sarà molto dura in questi mesi, e l'esito non è scontato. La sinistra dell'Unione deve conquistare le sue posizioni perché solo in questo modo salverà l’Unione dal naufragio, cioè dalla resa ai poteri forti. E in questa partita si giocherà anche il futuro del sindacato, e quindi il destino dell’Italia, cioè il profilo economico e e sociale che assumerà nei prossimi anni
Piero Sansonetti (martedì 6 giugno)
Da: www.liberazione.it
giovedì, maggio 25, 2006
I cordless sono 100 volte peggio dei cellulari, dicono gli esperti
I cordless sono 100 volte peggio dei cellulari, dicono gli esperti
Avere un telefono cordless in casa può essere 100 volte più dannoso alla salute dell'uso di un cellulare. I popolari cordless ci inondano continuamente con alti livelli di radiazione - anche quando non sono usati. Si pensa che le linee di casa siano più sicure dei cellulari. Ma ricercatori svedesi ci avvertono ora che i cordless costituiscono una causa di tumori al cervello probabilmente molto più grande dei cellulari.
Le emissioni del caricatore di un cordless possono essere tanto elevate da raggiungere i sei volt per metro – intensità doppia di quella che si registra a 100 metri da un'antenna per cellulari. A distanza di due metri dal caricatore, la radiazione è ancora abbastanza alta da raggiungere 2.5 volt per metro – cioè 50 volte tanto la quantità che gli scienziati considerano sicura.
Potenza
A un metro di distanza il pericolo è moltiplicato per 120 – e si riduce a un tranquillo 0.05 volt per metro solo quando si è a 100 metri dal caricatore. Per come funziona il cordless, il caricatore emette sempre radiazioni a piena forza anche quando il telefono non è in uso - e altrettanto fa il ricevitore quando è sganciato dal caricatore.
Le leucemie sono i tumori più comuni causati da tale radiazione. Ma sono stati collegati anche cancro della mammella, tumore del cervello, insonnia, mal di testa e comportamenti disturbati nei bambini. Con il caricatore vicino al letto, si è sottoposti a radiazione durante il sonno.
L'osservatorio sui telefoni Powerwatch, ha usato un'apparecchiatura di controllo detta “Sensory Perspective Electrosmog Detector”, e ha trovato campi elettromagnetici fino a tre volt per metro in una camera da letto posta sopra una stanza che conteneva un cordless.
Il direttore del gruppo, Alasdair Philips ha detto: "Dal momento che si sono verificati casi di malanni con livelli di soli 0.06 volt per metro, la cosa è molto preoccupante. E' probabile che chiunque abiti in una casa che abbia un cordless sia esposto continuamente a livelli più alti di questo".
Lo scioccante rapporto svedese – degli scienziati Lennart Hardell, Michael Carlbery e Kjell Hansson Mite - è sostenuto da molti esperti medici che credono che i telefoni cordless siano un rischio per la salute.
Il Dr. David Dowson, della clinica londinese Harley Street, ha detto: "Avere un cordless è come avere un antenna per cellulari in casa. Raccomanderei a chiunque ne avesse uno di cambiarlo con uno a fili".
Ma il consulente per la salute di BT (Brith Telecom), John Collins, dissente. Dice: "Non c'è nessuna prova scientifica conclusiva che colleghi la radiazione a qualcuno dei sintomi riscontrati. L'evidenza è che non ci fanno nessun danno. Siamo una compagnia responsabile e rispettiamo tutte le linee guida stabilite dagli esperti riconosciuti".
Da: www.disinformazione.it
Avere un telefono cordless in casa può essere 100 volte più dannoso alla salute dell'uso di un cellulare. I popolari cordless ci inondano continuamente con alti livelli di radiazione - anche quando non sono usati. Si pensa che le linee di casa siano più sicure dei cellulari. Ma ricercatori svedesi ci avvertono ora che i cordless costituiscono una causa di tumori al cervello probabilmente molto più grande dei cellulari.
Le emissioni del caricatore di un cordless possono essere tanto elevate da raggiungere i sei volt per metro – intensità doppia di quella che si registra a 100 metri da un'antenna per cellulari. A distanza di due metri dal caricatore, la radiazione è ancora abbastanza alta da raggiungere 2.5 volt per metro – cioè 50 volte tanto la quantità che gli scienziati considerano sicura.
Potenza
A un metro di distanza il pericolo è moltiplicato per 120 – e si riduce a un tranquillo 0.05 volt per metro solo quando si è a 100 metri dal caricatore. Per come funziona il cordless, il caricatore emette sempre radiazioni a piena forza anche quando il telefono non è in uso - e altrettanto fa il ricevitore quando è sganciato dal caricatore.
Le leucemie sono i tumori più comuni causati da tale radiazione. Ma sono stati collegati anche cancro della mammella, tumore del cervello, insonnia, mal di testa e comportamenti disturbati nei bambini. Con il caricatore vicino al letto, si è sottoposti a radiazione durante il sonno.
L'osservatorio sui telefoni Powerwatch, ha usato un'apparecchiatura di controllo detta “Sensory Perspective Electrosmog Detector”, e ha trovato campi elettromagnetici fino a tre volt per metro in una camera da letto posta sopra una stanza che conteneva un cordless.
Il direttore del gruppo, Alasdair Philips ha detto: "Dal momento che si sono verificati casi di malanni con livelli di soli 0.06 volt per metro, la cosa è molto preoccupante. E' probabile che chiunque abiti in una casa che abbia un cordless sia esposto continuamente a livelli più alti di questo".
Lo scioccante rapporto svedese – degli scienziati Lennart Hardell, Michael Carlbery e Kjell Hansson Mite - è sostenuto da molti esperti medici che credono che i telefoni cordless siano un rischio per la salute.
Il Dr. David Dowson, della clinica londinese Harley Street, ha detto: "Avere un cordless è come avere un antenna per cellulari in casa. Raccomanderei a chiunque ne avesse uno di cambiarlo con uno a fili".
Ma il consulente per la salute di BT (Brith Telecom), John Collins, dissente. Dice: "Non c'è nessuna prova scientifica conclusiva che colleghi la radiazione a qualcuno dei sintomi riscontrati. L'evidenza è che non ci fanno nessun danno. Siamo una compagnia responsabile e rispettiamo tutte le linee guida stabilite dagli esperti riconosciuti".
Da: www.disinformazione.it
venerdì, maggio 12, 2006
Le radiazioni dei telefonini danneggerebbero il Dna
Le radiazioni dei telefonini danneggerebbero il Dna
Le onde radio provenienti dai telefoni cellulari danneggiano le cellule del corpo, recando danni al Dna, secondo quanto riferito da ricercatori citando uno studio, per la maggior parte finanziato dall'Unione europea.
Lo studio, durato 4 anni, coordinato dal gruppo di ricerca tedesco Verum, si è focalizzato sugli effetti delle radiazioni in laboratorio su cellule umane e animali.
Le cellule, dopo un'esposizione a campi elettromagnetici tipici di cellulari, hanno mostrato un aumento delle frammentazioni dei filamenti sia doppi che singoli del Dna, e la cellula non riusciva sempre a riparare il danno.
Il dna trasporta le informazioni genetiche di un organismo e delle sue cellule.
"Il danno è rimasto per le future generazioni di cellule", ha dichiarato il capo del progetto, Franz Adlkofer, Ciò significa che il danno è stato procreato, e le cellule mutate sono considerate potenziali causa del cancro.
Dato il contesto del laboratorio, gli studiosi asseriscono che "gli effetti genotossici e fenotipici richiedono chiaramente ulteriori studi su animali e umani volontari".
Adlkofer suggerisce di non usare il cellulare se si dispone di una linea fissa alternativa, e l'uso dell'auricolare.
"Non vogliamo creare panico, ma è bene prendere precauzioni", ha detto, aggiungendo che le ricerche aggiuntive prenderanno altri quattro o cinque anni.
Il cosiddetto rapporto Reflex, portato a termine da 12 gruppi di ricercatori in sette paesi europei, non ha dimostrato che i telefoni cellulari siano un pericolo per la salute, ma sostiene la necessità di ulteriori studi circa gli effetti dei telefonini.
L'industria di cellulari, che fattura complessivamente circa 100 miliardi di dollari, asserisce che non vi sono dimostrazioni conclusive su eventuali effetti dannosi dovuti all'elettromagnetismo delle radiazioni.
Si prevede, per quest'anno, la vendita di circa 650 milioni di telefonini, e più di un miliardo e mezzo di persone nel mondo ne usano uno.
Fonte: www.cellulari.it
Le onde radio provenienti dai telefoni cellulari danneggiano le cellule del corpo, recando danni al Dna, secondo quanto riferito da ricercatori citando uno studio, per la maggior parte finanziato dall'Unione europea.
Lo studio, durato 4 anni, coordinato dal gruppo di ricerca tedesco Verum, si è focalizzato sugli effetti delle radiazioni in laboratorio su cellule umane e animali.
Le cellule, dopo un'esposizione a campi elettromagnetici tipici di cellulari, hanno mostrato un aumento delle frammentazioni dei filamenti sia doppi che singoli del Dna, e la cellula non riusciva sempre a riparare il danno.
Il dna trasporta le informazioni genetiche di un organismo e delle sue cellule.
"Il danno è rimasto per le future generazioni di cellule", ha dichiarato il capo del progetto, Franz Adlkofer, Ciò significa che il danno è stato procreato, e le cellule mutate sono considerate potenziali causa del cancro.
Dato il contesto del laboratorio, gli studiosi asseriscono che "gli effetti genotossici e fenotipici richiedono chiaramente ulteriori studi su animali e umani volontari".
Adlkofer suggerisce di non usare il cellulare se si dispone di una linea fissa alternativa, e l'uso dell'auricolare.
"Non vogliamo creare panico, ma è bene prendere precauzioni", ha detto, aggiungendo che le ricerche aggiuntive prenderanno altri quattro o cinque anni.
Il cosiddetto rapporto Reflex, portato a termine da 12 gruppi di ricercatori in sette paesi europei, non ha dimostrato che i telefoni cellulari siano un pericolo per la salute, ma sostiene la necessità di ulteriori studi circa gli effetti dei telefonini.
L'industria di cellulari, che fattura complessivamente circa 100 miliardi di dollari, asserisce che non vi sono dimostrazioni conclusive su eventuali effetti dannosi dovuti all'elettromagnetismo delle radiazioni.
Si prevede, per quest'anno, la vendita di circa 650 milioni di telefonini, e più di un miliardo e mezzo di persone nel mondo ne usano uno.
Fonte: www.cellulari.it
giovedì, maggio 04, 2006
Ecco le intercettazioni di Moggi

Ecco le intercettazioni di Moggi
Dg a Pairetto:"A Messina manda Cassarà"
Intercettazioni choc di Luciano Moggi con l'ex designatore Pairetto, il vicepresidente federale Mazzini e Aldo Biscardi. "Ma che c... di arbitro ci avete mandato? - sui preliminari di Champions con il Djurgarden - Ha fatto un casino della madonna". Su un'amichevole: "A Messina manda Cassarà". Il caso è stato archiviato dal punto di vista penale, ma l'Ufficio indagini della Federazione ha avviato un'inchiesta.
Conversazioni tra Moggi e Pairetto
L'11 agosto 2004 il dg bianconero e il vicepresidente della Commissione arbitri dell'Uefa si telefonano e parlano dell'andata del preliminare di Champions League disputato la sera prima tra Juventus e Djurgarden, terminato con il punteggio di 2-2.
Pairetto: «Pronto»
Moggi: «Gigi? Dove sei»
Pairetto: «Siamo partiti»
Moggi: «Oh, ma che c... di arbitro ci avete mandato?»
Pairetto: «Oh, Fandel è uno dei primi...»
Moggi: «Ho capito, ma il gol di Miccoli è valido»
Pairetto: «No»
Moggi: «Sì, come no? (...) Ma poi tutto l’andamento della partita ha fatto un casino a noi»
Pairetto: «Gli assistenti non mi sono piaciuti molto, in assoluto, no, ma stavo pensando ad un altro, quello che aveva alzato era quello di Trezeguet che mi ricordo davanti»
Moggi: «Quello è un altro discorso. (...) Ora mi raccomando giù a Stoccolma, eh?»
Pairetto: «Porco Giuda, mamma mia, questa veramente dev’essere una partita...»
Moggi: «Ma no, ma si vince, ma sai, si dice...»
Pairetto: «Ma questi sono scarsi»
Moggi: «Però con uno come questo qui resta difficile, capito?» (...)
La telefonata prosegue parlando di alcune amichevoli estive che il club bianconero disputerà nei giorni seguenti
Moggi: «Oh, a Messina mandami Consolo e Battaglia»
Pairetto: «Eh, l’ho già fatta»
Moggi: «E chi ci hai mandato?»
Pairetto: «Mi pare Consolo e Battaglia»
Moggi: «Eh, con Cassarà, eh?»
Pairetto: «Sì»
Moggi: «E a Livorno, Rocchi?»
Pairetto: «A Livorno Rocchi, sì»
Moggi: «E per il Trofeo Berlusconi Pieri, mi raccomando»
Pairetto: «Non l’abbiamo ancora fatto»
Moggi: «Lo facciamo dopo»
Pairetto: «Vabbò, lo si fa poi»
La seconda telefonata è datata 24 agosto 2004, il giorno prima del ritorno del preliminare di Champions contro gli svedesi: la Juve vincerà nettamente per 4-1 e si qualificherà ai gironi senza problemi.
Moggi: «Pronto?»
Morena: «Signor Moggi buongiorno. Volevo comunicarle arbitro e assistenti per la partita di Champions League di domani sera»
Moggi: «L’arbitro chi è, Cardoso? »
Morena: «No, io vedo arbitro Poll Graham»
Moggi: «Uhm»
Moggi: «Di dov’è l’arbitro...»
Morena: «È inglese» (...)
Pairetto: «Pronto»
Moggi: «Buongiorno»
Pairetto: «Ohilà buongiorno»
Moggi: «Oh, all’anima di Cardoso, eh?...»
Pairetto: «Eh»
Moggi: «Paul Green (in realtà è l’arbitro Graham Poll, ndr)»
Pairetto: «Come?»
Moggi: «Paul Green»
Pairetto: «Allora è successo qualcosa all’ultimo momento, io ho Cardoso, è successo qualcosa... si vede che è stato male o qualcosa del genere»
Moggi: «Informati, informati un momentino»
Pairetto: «Sì sì, verifico subito»
Sempre il riferimento alla stessa edizione della massima competizione europea, la prima gara del girone della prima fase è Ajax-Juventus in programma il 15 settembre e già due settimane prima (la telefonata è datata 1/9) Pairetto annuncia l'arbitro di quella partita, poi terminata 1-0 per i bianconeri.
Moggi: «Pronto»
Pairetto: «Ehilà, lo so che tu ti sei scordato di me, mentre io mi sono ricordato di te»
Moggi: «Ma dai»
Pairetto: «Eh, ho messo un grande arbitro per la partita di Amsterdam».
Moggi: «Chi è?»
Pairetto: «Meier»
Moggi: «Alla grande»
Pairetto: «Vedi che io mi ricordo di te anche se tu ormai...»
Moggi: «Ma non rompere, adesso vedrai, quando ritorno, poi te lo dico io se mi sono scordato»
Conversazione tra Moggi e Giraudo
Il 14 agosto 2004 i due dirigenti bianconeri si parlano delle designazioni arbitrali
Giraudo: «Lo vediamo subito come tira, tu hai qualche notizia di come tira l'aria, lì a Sportilia?»
Moggi: «Bene, bene con Gigi (Pairetto, ndr)»
Giraudo: «Ma non è come l'anno scorso?»
Moggi: «No, no, con Gigi è una cannonata»
Giraudo: «Perà adesso bisogna dirgli che si impegni per sto' corvo, perchè non si può mica andare avanti con sta testa di c...»
Conversazione su una macchina per un amico importante
Uomo: «Casa Agnelli buongiorno»
Moggi: «Sono Moggi buongiorno. Avrei bisogno di Nalla»
Nalla: «Ciao Luciano»
Moggi: «Io avrei bisogno in tempi rapidi perché siccome dobbiamo fare...»
Nalla: «Sì»
Moggi: «Per un amico importante, di una Maserati»
Nalla: «Sì»
Moggi: «Quattroporte»
Nalla: «Quattroporte?»
Moggi: «Sì. Ti diamo tempo una settimana dieci giorni, va bene?»
Nalla: «Va bene»
Enzo: «Pronto?»
Pairetto: «Enzo?»
Enzo: «Ciao Gigi»
Pairetto: «Ascolta volevo dirti la macchina ce l’ho già praticamente»
Enzo: «Quale?»
Pairetto: «Quindi quando vogliamo andare poi a prenderla c’è a disposizione praticamente la Maserati»
Enzo: «Ma dai»
Pairetto: «Sì quindi»
Enzo: «Madonna»
Pairetto: «Adesso quando rientro domani chiamo direttamente la Casa Reale».
Mazzini su Carraro
Il vicepresidente della Figc e Moggi parlano, il 6 settembre 2004, di elezioni federali e di un incontro con gli arbitri
Mazzini: «Perché questo cogl... (riferito a Carraro, ndr), ricordati che lui crede, che anche se passa così come vuole normalmente, di vincere lui. Invece devi metterglielo nel c... Ricordatelo».
Moggi:«Ooh se ti dico lasciamici parlare, poi domani io ho l’appuntamento»
Mazzini: «Va bene» (...)
Mazzini. «Venerdì vado a fare gli arbitri»
Moggi: «Venerdì vengo anch’io»
Mazzini: «Gliel’ho detto ad Anto’ e mi ha detto che non viene»
Moggi: «Lascia sta’, quello è un ambiente un po’ ibrido, meno uno ci si confonde e meglio è, e vale neppure la pena di starci alla lontana: io uno ci faccio partecipa’, o partecipo io o ci mando Alessio».
Conversazioni tra Moggi padre e figlio
Si parla anche di mercato nelle intercettazioni ed è il centro dei due discorsi tra Luciano e Alessandro Moggi. La prima telefonata è del 10 settembre 2004, la seconda è del 19 agosto dello stesso anno, l'ultima è del 28 agosto e si parla di Miccoli
Alessandro Moggi: «...io l’altro giorno, tu prendila come informazione, poi, io non lo so, mi sono rivisto con Preziosi (ex presidente del Genoa, ndr), come sempre capita»
Luciano Moggi: «Uhm»
A. Moggi: «Mi ha incominciato a fare tutto un discorso, il calcio come cambia, bisogna stare attenti di qua, di là, Carraro, Galliani, poi mi fa, non vi fidate di Montezemolo. Dico perché? Perché io ho sentito una conversazione alla Juve, vogliono fare fuori tutti, rimane solo Giraudo»
L. Moggi: «Sì, ma questa è una cazzata»
A. Moggi: «Io te lo dico come cosa, siccome molte volte Preziosi è negli ambienti di questo genere qui, lui c’è dentro»
L. Moggi: «Non c’è mai»
A. Moggi: «Bé, pa’, io te lo dico perché, insomma...»
L. Moggi: «È esattamente il contrario».
A. Moggi: «Mi ha chiamato Morabito (procuratore, ndr), in particolare Vigorelli (procuratore, ndr), per sapere se volevi fa un cambio di prestiti per pia’ Liverani»
L. Moggi: «No, no, ma perché ora lavorano per la Lazio?»
A. Moggi: «Che ne so, mi ha detto così?»
L. Moggi: «Porca miseria, da quando quello lì ha agganciato lì di sotto, mo ci voglio parla’ con quello, perché gli hanno dato Lopez e gli vogliono dare Marquez, a loro, eh?»
A. Moggi: «Eh, lo so»
L. Moggi: «Quindi è sicuro che sono riusciti a entrarci poco, perché lì non è che si possa anda’ granché, almeno che Cinquini (ex d.s. Lazio, ndr) non lavori ancora con la Lazio».
L.Moggi: «Io a Lotito gli ho chiesto 10 milioni e lui mi ha detto 5, no? Tu gli devi dire: guarda che io posso convincere mio padre a farlo a 7,5. Fagli un po' di storie all'inizio».
A.Moggi: «Ok».
Poi Luciano Moggi chiama un amico del giocatore: «Gli dica di fare meno lo stupido, altrimenti non lo faccio chiamare in Nazionale, così gli metto giudizio, perchè in Nazionale ce l'ho mandato io».
Conversazione con Biscardi
Il dg bianconero si arrabbia con Aldo Biscardi, poi parlano di regali
Biscardi: «Pronto?»
Moggi: «Vorrei il dottor Biscardi»
Biscardi: «Sono io»
Moggi: «Io sono Moggi Luciano»
Biscardi: «Uehh... Lucia’»
Moggi: «Allora ieri ho chiamato qui il nostro amico di Trieste...Baldas (ex designatore e commentatore delle moviole del «Processo», ndr). Gli ho fatto una bella cazziata, ma non ce n’era bisogno. Lui non ha colpa» (...)
Moggi: «Ma se non viene poi un cambio non prendo più nessuno, ma perché dobbiamo ammazzare il campionato?»
Biscardi: «No, tu non ammazzi un c..., magari l’ammazzavi l’anno scorso, mi dovresti da’ 40 milioni, hai fatto la scommessa con me e hai perso»
Moggi: «Aldo, ma io... sei come un orologio già assicurato, che vuoi che ti dica?»
Biscardi: «E dove sta?»
Moggi: «E lo sai che quando te lo dico...»
Biscardi: «E non lo so. Non me lo mandi mai...»
Moggi: «Ma vaff..., uno te l’ho dato costava 40 milioni»
Fonte: TGCom
Tanto x fare un esempio di come la LEGALITA' funzioni in Italia...
...qui si parla di calcio (che, cmq sia, ha un giro di milioni di miliardi), immaginiamoci ai vertici...
mercoledì, maggio 03, 2006
Diritti, cittadinanza e dignità. La marcia dei latinos scuote l’America
Diritti, cittadinanza e dignità. La marcia dei latinos scuote l’America
“Non potrei essere più felice”. Non è il commento di un lavoratore messicano o la gioia espressa da un organizzatore delle enormi manifestazioni che hanno popolato le strade d’America il giorno della festa dei lavoratori. A parlare è Tom Tancredo, esponente della destra becera repubblicana, eletto in Colorado e capogruppo del suo partito alla Camera dei rappresentanti. Il fautore della legge contro la quale era stato organizzato il giorno senza immigrati, il Great American Boycott, la pensa così: "Ogni volta che questo tipo di cose (la protesta pacifica, ndr) succedono, i sondaggi di opinione mostrano che gli americani non appoggiano la causa portata in piazza, a prescindere da quale questa sia". Una bella concezione della partecipazione e della politica.
Ad aver ragione di essere contenti sono i lavoratori immigrati e non che hanno riempito le città a centinaia di migliaia. A Los Angeles erano 400mila, lo stesso numero a Chicago, dove polacchi e irlandesi si sono uniti al corteo e dagli uffici gli impiegati battevano le mani. E poi decine di migliaia nei piccoli centri della California, in New Mexico, Tennesee, Massachussets. A Denver, principale città dello stato del deputato Tancredo, erano 50mila ("Ma quando hanno vinto i Broncos - la squadra di football locale - erano mezzo milione", commenta l’eroe della destra locale).
Una marea umana, a poche settimane dalle manifestazioni di marzo e aprile che già avevano stupito gli Stati Uniti. Lo slogan che prevaleva, oltre all’ormai classico "Si, se puede" (che è più o meno "Ce la possiamo fare), cera "Marcha hoy, vota manana" ("Oggi manifestiamo, domani votiamo"). Il movimento dei latinos è forte, ben organizzato e regge alla distanza. E meno male che erano divisi, come commentava la parte più maligna della stampa americana. Se è vero che tra le organizzazioni c’era stata qualche divisione nella scelta di lanciare una nuova giornata di mobilitazione nazionale prima che il Senato fosse convocato di nuovo, la partecipazione è stata lo stesso massiccia e allegra. Segno Niente violenza, niente estremismo, solo tanti lavoratori, irregolari e non, che chiedevano la loro parte di sogno americano. I giornali e i commenti della strada fanno riferimento proprio alla storia del loro Paese: prima la lotta degli americani per affermare i loro diritti sull’impero britannico, poi l’arrivo e l’affermazione delle tante identità che compongono il mosaico nordamericano. Oggi quelle identità vengono celebrate in ogni angolo, la marcia di San Patrizio e le feste di San Gennaro, il capodanno cinese e la marcia dei portoricani (che sono cittadini americani). Per un Paese nato e cresciuto così, è difficile spiegare ai nuovi arrivati che adesso basta.
Gli irregolari non ci stanno e a forza di protestare cominciano ad essere galvanizzati. "Siamo andato oltre a qualsiasi previsione. Questo è solo l’inizio" dichiara alla Associated press Mahonry Hidalgo, organizzatore della marcia in New Jersey (dove vivono tanti dei pendolari che ogni giorno costruiscono la Grande Mela e servono da mangiare ai newyorchesi). Ma oltre agli organizzatori ci sono pezzi di grosso calibro che si schierano: il cardinale di Los Angeles Mahonhey, ha invitato i preti a disobbedire alle leggi che criminalizzano gli immigrati. Eppure al presidente Bush la giornata non è piaciuta. Ma il presidente è al minimo storico, in suo favore ci sono meno americani di quanti non appoggino la legge che la destra repubblicana ha fatto approvare alla Camera (in entrambi i casi siamo intorno al 30%).
Ma quanto ha funzionato l’altra parte della giornata di mobilitazione, quella che intendeva fermare una parte delle imprese nelle quali gli immigrati sono messi al lavoro? La Tyson food, che macella la carne in cento stabilimenti ne ha chiusi dodici, stessa sorte per otto fabbriche di polli su quattordici della Perdue e 29 ristoranti della Chipotle Mexican grill. Nelle scuole della California migliaia di studenti non sono andati a lavorare e molti cantieri hanno lavorato a ritmo ridotto (ad esempio metà degli edili impiegati nel cantiere del nuovo aeroporto di Dallas se ne sono rimasti a casa. E poi nei quartieri a maggioranza latina, le high streets - le strade commerciali - erano spesso semideserte. Non la paralisi dell’economia americana, ma un segnale forte.
E infatti i commentatori si interrogano su come è nato e cresce questo movimento e, soprattutto, se siamo di fronte a un nuovo movimento per i diritti civili come quello dei primissimi anni 60. Una speranza per alcuni, un incubo per altri. Certo è che i dj delle radio latine si stanno trasformando in megafoni, lavorano assieme ai promotori delle manifestazioni, si consultano tra loro e parlano a milioni di persone nella loro lingua. Lo stesso vale per i giornali in spagnolo. Ma sono soprattutto gli speaker radiofonici dai nomi poco politici come ”El Mandril“ (il mandrillo) ”El Cucuy“ (l’uomo nero), ”El piolin“ (il canarino) ad alimentare la partecipazione. Non sono leaders politici, non dicono cosa fare, ma raccontano di una legge ingiusta e la gente, che ha a disposizione televisioni farcite di telenovelas messicane e talk show dove mariti e mogli si prendono a sberle, ascolta e capisce quale potrebbe essere il suo destino se la legge del Congresso entrasse in vigore.
Il tema della lingua è l’altro tema caldo di cui si discute negli Stati Uniti in questi giorni. La scorsa settimana è uscita una versione dell’inno americano in spagnolo e le polemiche sono divampate. Il classico argomento da usare per spargere un poco di fumo su una vicenda molto più grande. Il senatore Bill Frist, capogruppo repubblicano al Senato, ha firmato una legge che rende obbligatorio l’uso dell’inglese per l’inno, mentre Bush si è speso sull’argomento per dire che "chi vuole diventare cittadino di questo Paese deve imparare l’inglese e cantare l’inno nella nostra lingua". E questo è un nodo vero che i nemici della regolarizzazione dei 12 milioni di irregolari utilizzano. Gli ispanici sono tanti, arrivano a milioni e in alcune zone del Paese diventeranno presto maggioranza. Anche a settori moderati della società, la cosa fa paura. Molti giornali hanno polemizzato con le manifestazioni perché sui palchi non si parlava inglese. E’ un aspetto minore ma importante, una chiave da usare per coloro che vogliono chiudere le frontiere ed organizzare deportazioni di massa. Il ”Corpo di difesa civile dei minuteman“, ronde armate anti clandestini dell’Arizona che pattugliano la frontiera col Messico, sostengono che nella sola settimana dopo la marcia del 25 marzo si sono presentati 400 volontari, rispetto ad una media di 135. Nella stessa settimana, la colletta su Internet per iniziare a costruire barriere sulle proprietà private al confine ha raccolto 150mila dollari. Lo scontro è duro ed è tra chi si batte per più diritti e chi sparerebbe a chi passa la frontiera come a dei conigli. In mezzo i repubblicani, che non sanno bene da che parte stare. La settimana prossima il Senato torna a discutere della mediazione raggiunta tra repubblicani moderati e democratici, da Washington dovranno dare delle risposte a tanti non cittadini che chiedono di diventarlo.
di Martino Mazzonis (mercoledì 3 maggio)
“Non potrei essere più felice”. Non è il commento di un lavoratore messicano o la gioia espressa da un organizzatore delle enormi manifestazioni che hanno popolato le strade d’America il giorno della festa dei lavoratori. A parlare è Tom Tancredo, esponente della destra becera repubblicana, eletto in Colorado e capogruppo del suo partito alla Camera dei rappresentanti. Il fautore della legge contro la quale era stato organizzato il giorno senza immigrati, il Great American Boycott, la pensa così: "Ogni volta che questo tipo di cose (la protesta pacifica, ndr) succedono, i sondaggi di opinione mostrano che gli americani non appoggiano la causa portata in piazza, a prescindere da quale questa sia". Una bella concezione della partecipazione e della politica.
Ad aver ragione di essere contenti sono i lavoratori immigrati e non che hanno riempito le città a centinaia di migliaia. A Los Angeles erano 400mila, lo stesso numero a Chicago, dove polacchi e irlandesi si sono uniti al corteo e dagli uffici gli impiegati battevano le mani. E poi decine di migliaia nei piccoli centri della California, in New Mexico, Tennesee, Massachussets. A Denver, principale città dello stato del deputato Tancredo, erano 50mila ("Ma quando hanno vinto i Broncos - la squadra di football locale - erano mezzo milione", commenta l’eroe della destra locale).
Una marea umana, a poche settimane dalle manifestazioni di marzo e aprile che già avevano stupito gli Stati Uniti. Lo slogan che prevaleva, oltre all’ormai classico "Si, se puede" (che è più o meno "Ce la possiamo fare), cera "Marcha hoy, vota manana" ("Oggi manifestiamo, domani votiamo"). Il movimento dei latinos è forte, ben organizzato e regge alla distanza. E meno male che erano divisi, come commentava la parte più maligna della stampa americana. Se è vero che tra le organizzazioni c’era stata qualche divisione nella scelta di lanciare una nuova giornata di mobilitazione nazionale prima che il Senato fosse convocato di nuovo, la partecipazione è stata lo stesso massiccia e allegra. Segno Niente violenza, niente estremismo, solo tanti lavoratori, irregolari e non, che chiedevano la loro parte di sogno americano. I giornali e i commenti della strada fanno riferimento proprio alla storia del loro Paese: prima la lotta degli americani per affermare i loro diritti sull’impero britannico, poi l’arrivo e l’affermazione delle tante identità che compongono il mosaico nordamericano. Oggi quelle identità vengono celebrate in ogni angolo, la marcia di San Patrizio e le feste di San Gennaro, il capodanno cinese e la marcia dei portoricani (che sono cittadini americani). Per un Paese nato e cresciuto così, è difficile spiegare ai nuovi arrivati che adesso basta.
Gli irregolari non ci stanno e a forza di protestare cominciano ad essere galvanizzati. "Siamo andato oltre a qualsiasi previsione. Questo è solo l’inizio" dichiara alla Associated press Mahonry Hidalgo, organizzatore della marcia in New Jersey (dove vivono tanti dei pendolari che ogni giorno costruiscono la Grande Mela e servono da mangiare ai newyorchesi). Ma oltre agli organizzatori ci sono pezzi di grosso calibro che si schierano: il cardinale di Los Angeles Mahonhey, ha invitato i preti a disobbedire alle leggi che criminalizzano gli immigrati. Eppure al presidente Bush la giornata non è piaciuta. Ma il presidente è al minimo storico, in suo favore ci sono meno americani di quanti non appoggino la legge che la destra repubblicana ha fatto approvare alla Camera (in entrambi i casi siamo intorno al 30%).
Ma quanto ha funzionato l’altra parte della giornata di mobilitazione, quella che intendeva fermare una parte delle imprese nelle quali gli immigrati sono messi al lavoro? La Tyson food, che macella la carne in cento stabilimenti ne ha chiusi dodici, stessa sorte per otto fabbriche di polli su quattordici della Perdue e 29 ristoranti della Chipotle Mexican grill. Nelle scuole della California migliaia di studenti non sono andati a lavorare e molti cantieri hanno lavorato a ritmo ridotto (ad esempio metà degli edili impiegati nel cantiere del nuovo aeroporto di Dallas se ne sono rimasti a casa. E poi nei quartieri a maggioranza latina, le high streets - le strade commerciali - erano spesso semideserte. Non la paralisi dell’economia americana, ma un segnale forte.
E infatti i commentatori si interrogano su come è nato e cresce questo movimento e, soprattutto, se siamo di fronte a un nuovo movimento per i diritti civili come quello dei primissimi anni 60. Una speranza per alcuni, un incubo per altri. Certo è che i dj delle radio latine si stanno trasformando in megafoni, lavorano assieme ai promotori delle manifestazioni, si consultano tra loro e parlano a milioni di persone nella loro lingua. Lo stesso vale per i giornali in spagnolo. Ma sono soprattutto gli speaker radiofonici dai nomi poco politici come ”El Mandril“ (il mandrillo) ”El Cucuy“ (l’uomo nero), ”El piolin“ (il canarino) ad alimentare la partecipazione. Non sono leaders politici, non dicono cosa fare, ma raccontano di una legge ingiusta e la gente, che ha a disposizione televisioni farcite di telenovelas messicane e talk show dove mariti e mogli si prendono a sberle, ascolta e capisce quale potrebbe essere il suo destino se la legge del Congresso entrasse in vigore.
Il tema della lingua è l’altro tema caldo di cui si discute negli Stati Uniti in questi giorni. La scorsa settimana è uscita una versione dell’inno americano in spagnolo e le polemiche sono divampate. Il classico argomento da usare per spargere un poco di fumo su una vicenda molto più grande. Il senatore Bill Frist, capogruppo repubblicano al Senato, ha firmato una legge che rende obbligatorio l’uso dell’inglese per l’inno, mentre Bush si è speso sull’argomento per dire che "chi vuole diventare cittadino di questo Paese deve imparare l’inglese e cantare l’inno nella nostra lingua". E questo è un nodo vero che i nemici della regolarizzazione dei 12 milioni di irregolari utilizzano. Gli ispanici sono tanti, arrivano a milioni e in alcune zone del Paese diventeranno presto maggioranza. Anche a settori moderati della società, la cosa fa paura. Molti giornali hanno polemizzato con le manifestazioni perché sui palchi non si parlava inglese. E’ un aspetto minore ma importante, una chiave da usare per coloro che vogliono chiudere le frontiere ed organizzare deportazioni di massa. Il ”Corpo di difesa civile dei minuteman“, ronde armate anti clandestini dell’Arizona che pattugliano la frontiera col Messico, sostengono che nella sola settimana dopo la marcia del 25 marzo si sono presentati 400 volontari, rispetto ad una media di 135. Nella stessa settimana, la colletta su Internet per iniziare a costruire barriere sulle proprietà private al confine ha raccolto 150mila dollari. Lo scontro è duro ed è tra chi si batte per più diritti e chi sparerebbe a chi passa la frontiera come a dei conigli. In mezzo i repubblicani, che non sanno bene da che parte stare. La settimana prossima il Senato torna a discutere della mediazione raggiunta tra repubblicani moderati e democratici, da Washington dovranno dare delle risposte a tanti non cittadini che chiedono di diventarlo.
di Martino Mazzonis (mercoledì 3 maggio)
mercoledì, aprile 26, 2006
Come al solito i media ci sviano dal vero problema...
Altro che "10 100 1000 1.000.000 di Nassiriya" e bandiere bruciate...
Ora la situazione è questa, noi come stato Italiano stiamo occupando una terra, abbiamo fatto guerra ad uno stato alleandoci con chi alle Nazioni Unite ha fornito false prove per attaccare un paese, non ne ha ricevuto il benestare ed ha cmq fatto quello che voleva. Credo a questo punto si debba andare un attimo a rivedere il significato della parola democrazia, forse non è chiaro a tutti.
Sono morte molte persone e ne stanno morendo parecchie, xchè oltre ai decessi che si hanno in qualsiasi belligeranza si devono sommare tutte le persone che ogni giorno si uccidono per liberare il proprio paese.
Xchè loro non sono i cattivi...
...i cattivi non combattono x la libertà...
Scusate, ma esistono veramente i cattivi, e se esistono bisogna ucciderli?
In questo contesto si aggiunge la questione palestinese e mentre tutti guardano con giusto sdegno chi brucia le bandiere israeliane, nessuno approfondisce la faccenda...
Xchè qualcuno brucia le bandiere d'Israele?
Israele cos'è?
Uno stato, si, democratico, si, ma senza costituzione.
Ah, che strano viene a mancare una parola che vediamo sempre affiancata alle altre 2: stato e democrazia.
Cosa ne consegue?
Qualsiasi legge può venire approvata. E chi le fa queste leggi? Ovviamente gli israeliani.
...ma in Israele non ci vivono anche 1.000.000 di palestinesi...?
E chi li tutela?
Aggiungiamo anche che esistono 2 religioni differenti e di fatto questo implica un'ulteriore punto di distacco.
Come si risolve questo problema?
Iniziamo magari ad erigere un vera democrazia con una genuina costituzione, magari anche senza appoggi economico-politico-militari di altri paesi interessati a creare disordini; sarebbe un sogno, ma pensate che bello se x una volta fosse l'ONU ad occuparsene...
Ma di cosa sto parlando?!?!?!?
ATTENZIONE QUALCUNO HA FISCHIATO IL MINISTRO MORATTI!
Nooo, f-i-s-c-h-i-a-t-o... ...Ministro, Moratti... ...pauL-A.
Concludo con un messaggio diretto a chi ha bruciato la bandiera d'Israele, che ha cantato 10 100 1000 Nassiriya e che ha perfino fischiato il Minostro Moratti: se siete pacifisti i pimi 2 gesti sono paradossali, capisco che è una provocazione, ma vi contraddite e non ha senso; per tutti cmq, attenzione anche queste piccolezze (dico piccolezze, xchè la guerra con i morti con le torture con le bombe al fosforo che bruciano la carne, l'hanno fatta e voluta altri), nel nostro paese possono prendere la prima pagine e rubarla ai fatti + gravi che in questo momento colpiscono noi ed il mondo intero.
Ricordate che la libertà mediatica d'informazione in Italia è scarsa, non lo dico io è una cosa detta e ridetta ed ormai assodata, xchè essere al 77esimo posto in graduatoria, ultima tra le nazioni dell’Europa Occidentale, preceduta da nazioni come Ghana e Papua Nuova Guinea e considerata a livello di libertà d’informazione solo “parzialmente libera” (rapporto Freedom House 2005 (la vera casa delle libertà) quella da cui Berlusconi si è ispirato x dare il nome alla coalizione di centro desta); significa proprio stare attenti a quello che si fa, le provocazioni facciamole in altro modo.
Ora la situazione è questa, noi come stato Italiano stiamo occupando una terra, abbiamo fatto guerra ad uno stato alleandoci con chi alle Nazioni Unite ha fornito false prove per attaccare un paese, non ne ha ricevuto il benestare ed ha cmq fatto quello che voleva. Credo a questo punto si debba andare un attimo a rivedere il significato della parola democrazia, forse non è chiaro a tutti.
Sono morte molte persone e ne stanno morendo parecchie, xchè oltre ai decessi che si hanno in qualsiasi belligeranza si devono sommare tutte le persone che ogni giorno si uccidono per liberare il proprio paese.
Xchè loro non sono i cattivi...
...i cattivi non combattono x la libertà...
Scusate, ma esistono veramente i cattivi, e se esistono bisogna ucciderli?
In questo contesto si aggiunge la questione palestinese e mentre tutti guardano con giusto sdegno chi brucia le bandiere israeliane, nessuno approfondisce la faccenda...
Xchè qualcuno brucia le bandiere d'Israele?
Israele cos'è?
Uno stato, si, democratico, si, ma senza costituzione.
Ah, che strano viene a mancare una parola che vediamo sempre affiancata alle altre 2: stato e democrazia.
Cosa ne consegue?
Qualsiasi legge può venire approvata. E chi le fa queste leggi? Ovviamente gli israeliani.
...ma in Israele non ci vivono anche 1.000.000 di palestinesi...?
E chi li tutela?
Aggiungiamo anche che esistono 2 religioni differenti e di fatto questo implica un'ulteriore punto di distacco.
Come si risolve questo problema?
Iniziamo magari ad erigere un vera democrazia con una genuina costituzione, magari anche senza appoggi economico-politico-militari di altri paesi interessati a creare disordini; sarebbe un sogno, ma pensate che bello se x una volta fosse l'ONU ad occuparsene...
Ma di cosa sto parlando?!?!?!?
ATTENZIONE QUALCUNO HA FISCHIATO IL MINISTRO MORATTI!
Nooo, f-i-s-c-h-i-a-t-o... ...Ministro, Moratti... ...pauL-A.
Concludo con un messaggio diretto a chi ha bruciato la bandiera d'Israele, che ha cantato 10 100 1000 Nassiriya e che ha perfino fischiato il Minostro Moratti: se siete pacifisti i pimi 2 gesti sono paradossali, capisco che è una provocazione, ma vi contraddite e non ha senso; per tutti cmq, attenzione anche queste piccolezze (dico piccolezze, xchè la guerra con i morti con le torture con le bombe al fosforo che bruciano la carne, l'hanno fatta e voluta altri), nel nostro paese possono prendere la prima pagine e rubarla ai fatti + gravi che in questo momento colpiscono noi ed il mondo intero.
Ricordate che la libertà mediatica d'informazione in Italia è scarsa, non lo dico io è una cosa detta e ridetta ed ormai assodata, xchè essere al 77esimo posto in graduatoria, ultima tra le nazioni dell’Europa Occidentale, preceduta da nazioni come Ghana e Papua Nuova Guinea e considerata a livello di libertà d’informazione solo “parzialmente libera” (rapporto Freedom House 2005 (la vera casa delle libertà) quella da cui Berlusconi si è ispirato x dare il nome alla coalizione di centro desta); significa proprio stare attenti a quello che si fa, le provocazioni facciamole in altro modo.
mercoledì, aprile 19, 2006
Riflessioni in vista del 25 aprile

Riflessioni in vista del 25 aprile. Né inciucio né guerra civile
di Piero Sansonetti
Tra qualche giorno è il 25 aprile, e cioè il sessantunesimo anniversario della Liberazione. In molte piazze italiane ci saranno manifestazioni, celebrazioni, cortei. E’ molto importante, per un paese come il nostro, non perdere la memoria e mantenere un legame con la propria storia, con le grandi idee, coi valori che hanno determinato la nascita della Repubblica e la rinascita della democrazia politica in Italia.
C’è un legame tra il ricordo del 25 aprile e le vicende politiche di questi giorni, e dei prossimi? Naturalmente un legame c’è, perché la storia di un paese è una storia continua, nella quale pesano le origini, le battaglie che sono state condotte per la sua libertà, i principi che sono stati stabiliti, concordemente, per il suo sviluppo.
Questo però non vuol dire che si possa immaginare un filo solido e diretto che unisce il 25 aprile alla battaglia elettorale che si è appena conclusa. La lotta politica che è aperta oggi tra il centrodestra e il centrosinistra è una lotta durissima e con la posta molto alta. Ma non assomiglia in nessun modo alla Resistenza, alle azioni dei partigiani e alla guerra antifascista. Dobbiamo uscire dall’idea che lo scontro politico sia, in eterno, una simulazione della guerra, e quindi che la lotta politica di oggi sia uguale a quella - armata e tragicissima - di sessanta e sessantacinque anni fa.
Non è così. Oggi noi viviamo, e lottiamo, in un paese a democrazia politica avanzata, dove sono garantite, in larga parte, le libertà formali. Dentro questa democrazia si svolge la battaglia politica. E noi intendiamo questa battaglia politica come uno sforzo per estendere e rendere universali libertà e i diritti, che oggi sono limitati dalle condizioni sociali ed economiche, dalle discriminazioni, dall’eccesso di privelegi per pochi, e anche, talvolta, da leggi sbagliate.
La sinistrà manifesterà molte volte, spero, contro il centrodestra e contro Berlusconi. E molte volte manifesterà per ricordare la Resistenza e rivendicarne l’eredità. Farà benissimo. Però non deve mischiare questi due piani: ricordare la Resistenza non è la stessa cosa che opporsi a Berlusconi. Berlusconi è un pessimo leader della destra, non è il capo delle forze d’occupazione di una barbara potenza straniera, né l’erede della Repubblica di Salò e dei suoi misfatti. E opporsi con molta nettezza e rigore a ogni ipotesi di “inciucio”, come si dice in politichese, o di Grande coalizione, o di appannamento delle differenze tra destra e sinistra, è doveroso ma non vuol dire trasformarsi in “guerriglieri” e supporre che la lotta tra democrazia e fascismo sia il sale della politica di oggi.
P. S. Il 25 aprile sarà invece una ottima occasione per rilanciare la battaglia per la difesa della Costituzione. A giugno ci sarà un referendum per approvare o respingere la riforma della Costituzione varata a stretta maggioranza dal centrodestra. Quella riforma modifica alcuni dei principi fondamentali della Costituzione del ’48, nata dalla Resistenza e dall’unità delle forze antifasciste. Su questo nessuno può obiettare, se le forze che vogliono difendere quella Costituzione, vorranno richiamarsi al valori del 25 aprile.
19 aprile 2006
Da: www.liberazione.it
sabato, aprile 15, 2006
Natalia Andrade, nuove immagini ed info


Dopo aver scoperto il nome, l'età ed aver mostrato all'Italia alcune immagini della nuova ragazza immagine di Vodafone; ritorno con nuove foto ed informazioni.
Come ho già detto Natalia Andrade ha 24 anni, è Brasiliana, è alta 1,79 cm e le sue misure sono 87, 60, 89.




Della sua vita non so ancora molto (devo trovare l'occasione x parlarle di +... ^^), cmq ha sfilato x i maggiori stilisti italiani e stranieri ed è una delle modelle di FORD.












Devo dire, xò, che in certi momenti è + carina in altri meno, indubbiamente non ha un viso perfetto, ma nel contempo le piccole imperfezioni possono essere apprezzate...
giovedì, aprile 13, 2006
"Con questa maggioranza si può governare. Vi spiego perché"
Bertinotti: "Con questa maggioranza si può governare. Vi spiego perché"
I giornali sono pieni di commenti sulla variante italiana della Merkel, sono pieni di riflessioni sulla Grande coalizione. Con Fausto Bertinotti proviamola a prendere, però, dal "nostro" versante. La domanda è secca: si può governare con il cinquanta virgola uno per cento? Si può governare con un voto di più dell’avversario?
"Domanda secca, risposta secca: sì".
E credi che avrebbero risposto così i leader della sinistra di qualche decennio fa?
Ti faccio una premessa: che io, anche allora, all’inizio degli anni ’70, non ero affatto convinto dell’elaborazione di Berlinguer, secondo cui non si sarebbe dovuto governare con una maggioranza risicata. Ma mettiamo da parte le mie obiezioni di allora. Io credo che non si possano paragonare le due situazioni. L’idea di Berlinguer, elaborata all’indomani del colpo di Stato in Cile, nacque insomma a tutt’altra latitudine. Non era dentro il sistema politico dell’alternanza, nasceva, si fondava soprattutto su un dato: l’esistenza di grandi partiti di massa. Parlo di partiti veri, radicati, popolari. Perché, non scordiamocelo mai, in quegli anni c’era corrispondenza fra paese reale e paese ufficiale, e “paese della politica”. C’era uno scambio continuo fra quei due mondi. Ora la situazione è completamente diversa. Quei partiti, quelle forme-partito non ci sono più. E oggi, soprattutto in ragione dell’alternanza, il voto diventa un mandato preciso alla coalizione. Oggi il voto diventa un mandato ai partiti che fanno parte della coalizione. E’ il mandato a governare, è il mandato a realizzare, comunque, il programma con cui ti sei sottoposto al voto. E si potrà dire quel che si vuole, ma il mandato emerso domenica scorsa mi sembra chiaro: l’Unione deve governare.
Avanti comunque, dici questo?
Certo, ma attenzione. Quello che si realizza sul piano parlamentare è un conto, diverso è ciò che avviene nella società.
Cosa vuoi dire?
Voglio dire che con un voto in più si governa alle Camere, ma non si realizzano le riforme col cinquantuno per cento nella società. Beninteso, non penso ad una logica referendaria da utilizzare ad ogni pie’ sospinto. Penso però che ciò che può passare nelle aule parlamentari con una ristretta maggioranza, poi debba vivere con un consenso assai più vasto. Consenso che può esprimersi attraverso le mille forme della partecipazione: dal conflitto ai pronunciamenti delle comunità locali, a tante altre forme da inventare. Insomma, sarà lì, nel sociale che ti giochi la tua capacità di egemonia, di essere il motore della trasformazione. E per essere ancora più chiaro: col cinquanta e uno per cento puoi modificare le norme che istituzionalizzano la precarietà a vita di un’intera generazione. Ma per cambiare, per riformare davvero, devi avere il consenso del sessanta, settanta per cento del paese. Questa è la scommessa.
Hai tirato fuori una cifra a mo’ di esempio. In un paese che tutti gli osservatori descrivono, invece, come diviso a metà, al 50% A proposito: ti convince la definizione dell’Italia come di una comunità spaccata?
Sì e no.
Più nel dettaglio?
Diciamo così: è sicuramente un paese spaccato politicamente, ma frastagliato - ecco: frastagliato credo sia la definizione giusta - socialmente. Nel senso che la divisione politica, netta e inequivoca, non porta con sé una spaccatura nella vita quotidiana. Si vota diversamente, si hanno magari due concezioni opposte della vita ma poi ci si ritrova al lavoro, al bar, allo stadio. In realtà, insomma, mi sembra che prevalga un fenomeno che chiamerei di voglia di comunità. In questo senso non è esattissima la definizione di Italia spaccata. Quella linea di separazione, insomma, vale per le elezioni, non per tutto il resto. Anche se…
di Stefano Bocconetti (giovedì 13 aprile)
L'ariticolo completo qui... http://www.liberazione.it/notizia.asp?id=3897
I giornali sono pieni di commenti sulla variante italiana della Merkel, sono pieni di riflessioni sulla Grande coalizione. Con Fausto Bertinotti proviamola a prendere, però, dal "nostro" versante. La domanda è secca: si può governare con il cinquanta virgola uno per cento? Si può governare con un voto di più dell’avversario?
"Domanda secca, risposta secca: sì".
E credi che avrebbero risposto così i leader della sinistra di qualche decennio fa?
Ti faccio una premessa: che io, anche allora, all’inizio degli anni ’70, non ero affatto convinto dell’elaborazione di Berlinguer, secondo cui non si sarebbe dovuto governare con una maggioranza risicata. Ma mettiamo da parte le mie obiezioni di allora. Io credo che non si possano paragonare le due situazioni. L’idea di Berlinguer, elaborata all’indomani del colpo di Stato in Cile, nacque insomma a tutt’altra latitudine. Non era dentro il sistema politico dell’alternanza, nasceva, si fondava soprattutto su un dato: l’esistenza di grandi partiti di massa. Parlo di partiti veri, radicati, popolari. Perché, non scordiamocelo mai, in quegli anni c’era corrispondenza fra paese reale e paese ufficiale, e “paese della politica”. C’era uno scambio continuo fra quei due mondi. Ora la situazione è completamente diversa. Quei partiti, quelle forme-partito non ci sono più. E oggi, soprattutto in ragione dell’alternanza, il voto diventa un mandato preciso alla coalizione. Oggi il voto diventa un mandato ai partiti che fanno parte della coalizione. E’ il mandato a governare, è il mandato a realizzare, comunque, il programma con cui ti sei sottoposto al voto. E si potrà dire quel che si vuole, ma il mandato emerso domenica scorsa mi sembra chiaro: l’Unione deve governare.
Avanti comunque, dici questo?
Certo, ma attenzione. Quello che si realizza sul piano parlamentare è un conto, diverso è ciò che avviene nella società.
Cosa vuoi dire?
Voglio dire che con un voto in più si governa alle Camere, ma non si realizzano le riforme col cinquantuno per cento nella società. Beninteso, non penso ad una logica referendaria da utilizzare ad ogni pie’ sospinto. Penso però che ciò che può passare nelle aule parlamentari con una ristretta maggioranza, poi debba vivere con un consenso assai più vasto. Consenso che può esprimersi attraverso le mille forme della partecipazione: dal conflitto ai pronunciamenti delle comunità locali, a tante altre forme da inventare. Insomma, sarà lì, nel sociale che ti giochi la tua capacità di egemonia, di essere il motore della trasformazione. E per essere ancora più chiaro: col cinquanta e uno per cento puoi modificare le norme che istituzionalizzano la precarietà a vita di un’intera generazione. Ma per cambiare, per riformare davvero, devi avere il consenso del sessanta, settanta per cento del paese. Questa è la scommessa.
Hai tirato fuori una cifra a mo’ di esempio. In un paese che tutti gli osservatori descrivono, invece, come diviso a metà, al 50% A proposito: ti convince la definizione dell’Italia come di una comunità spaccata?
Sì e no.
Più nel dettaglio?
Diciamo così: è sicuramente un paese spaccato politicamente, ma frastagliato - ecco: frastagliato credo sia la definizione giusta - socialmente. Nel senso che la divisione politica, netta e inequivoca, non porta con sé una spaccatura nella vita quotidiana. Si vota diversamente, si hanno magari due concezioni opposte della vita ma poi ci si ritrova al lavoro, al bar, allo stadio. In realtà, insomma, mi sembra che prevalga un fenomeno che chiamerei di voglia di comunità. In questo senso non è esattissima la definizione di Italia spaccata. Quella linea di separazione, insomma, vale per le elezioni, non per tutto il resto. Anche se…
di Stefano Bocconetti (giovedì 13 aprile)
L'ariticolo completo qui... http://www.liberazione.it/notizia.asp?id=3897
domenica, aprile 09, 2006
Cosa c’entrate voi con Gesù?
Lettera all’on. Bondi e al presidente del Consiglio: cosa c’entrate voi con Gesù?
di suor Anna Pia De Marchi e suor Tiziana D’Agostino*
Gentile Premier e gentile onorevole,
con grande sorpresa e sconcerto abbiamo ricevuto il vostro opuscolo dal titolo “I frutti e l’albero. Cinque anni di governo Berlusconi letti alla luce della dottrina sociale della Chiesa”. Noi non accettiamo e non ammettiamo che i membri del Governo possano servirsi della fede e della Chiesa per scopi politici! Ciò è grave!! Con Gesù non si deve scherzare!! Noi spendiamo la vita al servizio del mondo dei poveri, dei senza tetto in tutte le parti del mondo. Ho vissuto 50 anni in terra di missione (Uganda) dove c’è tanta miseria a causa della guerra che dura da 20 anni. Una guerra assurda che obbliga centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini a vivere in campi profughi. Nel vostro opuscolo parlate di “frutti”, dello “stare dalla parte dei più deboli”, “del difendere e rispettare la vita”, “della solidarietà con i popoli più sofferenti” (cooperazione internazionale, remissione del debito…).
Noi suore missionarie dedicate ai più poveri e alle situazioni più disperate rifiutiamo questo vostro abuso nell’utilizzo di parole e concetti così profondi e importanti per noi e per tantissime altre persone solamente per ottenere (in modo deplorevole) Voti! Vi chiediamo: perché questa spesa per pubblicare questi opuscoli non poteva invece essere utilizzata per sollevare il tenore di vita di tanti cittadini italiani che vivono in povertà?
Qui a Palermo, da tempo, noi operiamo in uno dei quartieri più degradati del centro storico: mamme che bussano ogni giorno alla nostra porta con l’ansia dello sfratto o della mancanza di soldi per sfamare i loro bambini o per pagare bollette della luce, del gas ecc… Persone ammalate che non possono procurarsi le medicine perché non mutuabili… Ci chiediamo perché nel vostro libretto, così ben fatto e organizzato, non avete spiegato perché i più ricchi possono ottenere sempre tutto e gratuitamente mentre invece i più poveri (e in Italia ce ne sono sempre di più) non si possono permettere quasi nulla. Invece che una miserabile e squallida pubblicità politica rivolta a tutte le parrocchie e agli istituti religiosi, si poteva organizzare (con le medesime spese) una campagna per la difesa dei diritti di tutti i cittadini italiani (non solo quelli di serie A). Chiediamo che nella nostra Italia, che si dichiara democratica, ci sia più trasparenza e lealtà!
Abbiamo pure letto sul vostro libretto che avete creato leggi ispirate ai valori del Vangelo…Ma quali leggi? Quelle per gli immigrati? O quelle che tutelano i ricchi davanti alla giustizia? O ancora altre che sono il rovescio del comando divino, che dice di spartire il pane con l’affamato, il vestito con l’ignudo, la casa con il povero senza tetto o l’essere una cosa sola con TUTTI non escludendo però i poveri e le masse di disoccupati senza speranza! E’ solo Gesù che può farci riconoscere dai frutti l’albero: e i vostri frutti - caro on. Bondi - quali sono stati? Forse la partecipazione alla guerra in Iraq?
Caro Presidente Silvio Berlusconi hai tanti mezzi a tua disposizione. Ti chiediamo allora, per favore, di non sfruttare in modo indegno il Vangelo e la Sposa di Cristo, la Chiesa.
*missionarie comboniane
7 aprile 2006
Da: www.liberazione.it
di suor Anna Pia De Marchi e suor Tiziana D’Agostino*
Gentile Premier e gentile onorevole,
con grande sorpresa e sconcerto abbiamo ricevuto il vostro opuscolo dal titolo “I frutti e l’albero. Cinque anni di governo Berlusconi letti alla luce della dottrina sociale della Chiesa”. Noi non accettiamo e non ammettiamo che i membri del Governo possano servirsi della fede e della Chiesa per scopi politici! Ciò è grave!! Con Gesù non si deve scherzare!! Noi spendiamo la vita al servizio del mondo dei poveri, dei senza tetto in tutte le parti del mondo. Ho vissuto 50 anni in terra di missione (Uganda) dove c’è tanta miseria a causa della guerra che dura da 20 anni. Una guerra assurda che obbliga centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini a vivere in campi profughi. Nel vostro opuscolo parlate di “frutti”, dello “stare dalla parte dei più deboli”, “del difendere e rispettare la vita”, “della solidarietà con i popoli più sofferenti” (cooperazione internazionale, remissione del debito…).
Noi suore missionarie dedicate ai più poveri e alle situazioni più disperate rifiutiamo questo vostro abuso nell’utilizzo di parole e concetti così profondi e importanti per noi e per tantissime altre persone solamente per ottenere (in modo deplorevole) Voti! Vi chiediamo: perché questa spesa per pubblicare questi opuscoli non poteva invece essere utilizzata per sollevare il tenore di vita di tanti cittadini italiani che vivono in povertà?
Qui a Palermo, da tempo, noi operiamo in uno dei quartieri più degradati del centro storico: mamme che bussano ogni giorno alla nostra porta con l’ansia dello sfratto o della mancanza di soldi per sfamare i loro bambini o per pagare bollette della luce, del gas ecc… Persone ammalate che non possono procurarsi le medicine perché non mutuabili… Ci chiediamo perché nel vostro libretto, così ben fatto e organizzato, non avete spiegato perché i più ricchi possono ottenere sempre tutto e gratuitamente mentre invece i più poveri (e in Italia ce ne sono sempre di più) non si possono permettere quasi nulla. Invece che una miserabile e squallida pubblicità politica rivolta a tutte le parrocchie e agli istituti religiosi, si poteva organizzare (con le medesime spese) una campagna per la difesa dei diritti di tutti i cittadini italiani (non solo quelli di serie A). Chiediamo che nella nostra Italia, che si dichiara democratica, ci sia più trasparenza e lealtà!
Abbiamo pure letto sul vostro libretto che avete creato leggi ispirate ai valori del Vangelo…Ma quali leggi? Quelle per gli immigrati? O quelle che tutelano i ricchi davanti alla giustizia? O ancora altre che sono il rovescio del comando divino, che dice di spartire il pane con l’affamato, il vestito con l’ignudo, la casa con il povero senza tetto o l’essere una cosa sola con TUTTI non escludendo però i poveri e le masse di disoccupati senza speranza! E’ solo Gesù che può farci riconoscere dai frutti l’albero: e i vostri frutti - caro on. Bondi - quali sono stati? Forse la partecipazione alla guerra in Iraq?
Caro Presidente Silvio Berlusconi hai tanti mezzi a tua disposizione. Ti chiediamo allora, per favore, di non sfruttare in modo indegno il Vangelo e la Sposa di Cristo, la Chiesa.
*missionarie comboniane
7 aprile 2006
Da: www.liberazione.it
venerdì, aprile 07, 2006
A 2 giorni dalle elezioni...
A 2 giorni dalle elezioni scrivo questo post, chiedendomi quale sarà il nostro futuro...
E' nei momenti critici che, spesso, centinaia di pensieri si fanno strada nella mente.
Ma:
Cosa succederà quando il governo di centro sinistra vincerà le elezioni?
Cosa succederà quando il governo di centro destra ri-vincerà le elezioni?
Ebbene in entrambe i casi chi difenderà gli interessi della gente?
..quella gente che voterà per simpatia, quella gente che voterà per i propri interessi senza interessarsi del prossimo e la maggioranza, ebbene si la maggioranza dei votanti, gli indecisi, che "una settimana prima" delle elezioni seguono i dibattiti in TV scegliendo "chi parla meglio"... (le stime dicono che gli indecisi sono il 38%, superano di gran lunga sia i votanti di sinistra che quelli di destra).
Chi vince?
Ha veramente senso a questo punto lamentarsi per le decisioni prese dai nostri governi?
Il problema non risiede altrove?
E' il nostro mondo che ci costruisce e ci governa o siamo noi che creiamo il nostro mondo?
Sfortunatamente l'unica frase che mi viene al momento è: "il mondo che vi ha creati vi distruggerà".
Una speranza xò..
..c'è sempre...

"È mia ferma convinzione che si perde la libertà soltanto per colpa della propria debolezza." Gandhi
E' nei momenti critici che, spesso, centinaia di pensieri si fanno strada nella mente.
Ma:
Cosa succederà quando il governo di centro sinistra vincerà le elezioni?
Cosa succederà quando il governo di centro destra ri-vincerà le elezioni?
Ebbene in entrambe i casi chi difenderà gli interessi della gente?
..quella gente che voterà per simpatia, quella gente che voterà per i propri interessi senza interessarsi del prossimo e la maggioranza, ebbene si la maggioranza dei votanti, gli indecisi, che "una settimana prima" delle elezioni seguono i dibattiti in TV scegliendo "chi parla meglio"... (le stime dicono che gli indecisi sono il 38%, superano di gran lunga sia i votanti di sinistra che quelli di destra).
Chi vince?
Ha veramente senso a questo punto lamentarsi per le decisioni prese dai nostri governi?
Il problema non risiede altrove?
E' il nostro mondo che ci costruisce e ci governa o siamo noi che creiamo il nostro mondo?
Sfortunatamente l'unica frase che mi viene al momento è: "il mondo che vi ha creati vi distruggerà".
Una speranza xò..
..c'è sempre...

"È mia ferma convinzione che si perde la libertà soltanto per colpa della propria debolezza." Gandhi
martedì, aprile 04, 2006
I salari italiani sono i più piccoli d’Europa: 1.350 euro al mese
I salari italiani sono i più piccoli d’Europa: 1.350 euro al mese. Lo dice l’Ocse.
Lo sprofondare dei salari italiani, così come emerge dall’ultima indagine dell’Ocse, come sindacalista mi fa vergognare.
Certo, è giusto arrabbiarsi con Berlusconi, il suo governo, la sua politica per i ricchi, il suo incredibile negare la realtà di un generale diffuso impoverimento. Questa rabbia si tradurrà, speriamo, in un voto che mandi a casa il Presidente del Consiglio, anche per far respirare un po’ le nostre buste paga.
Ma dai dati dell’Ocse emerge un quadro ben più grave di quello riconducibile alle scelte di classe di questo governo. Sopra di noi stanno paesi che hanno governi di centrosinistra, così come di centrodestra. Paesi di antica industrializzazione, dal Belgio alla Germania, alla Francia, e paesi che ci hanno scavalcato, dalla Spagna fino alla Corea del Sud. Le retribuzioni di quest’ultimo paese, è bene ricordarlo, solo quindici anni fa venivano utilizzate come spauracchio per i lavoratori italiani, così come oggi avviene per quelle cinesi. Se andiamo avanti così tra una decina d’anni anche i salari cinesi saranno sopra i nostri. Siamo a una catastrofe che viene da lontano.
I salari italiani non solo sono al 23esimo posto nella classifica tra i trenta paesi più industrializzati, ma sono sotto di ben il 19% rispetto alla media dei paesi dell’Euro. Nella sostanza, un lavoratore italiano medio perde più di due mensilità all’anno rispetto ai colleghi francesi, tedeschi, inglesi, belgi. E questa è una media, che nasconde il dramma dei salari dei precari, giovani o anziani che siano, e lo scandaloso permanere di un differenziale negativo per le donne, che a parità di lavoro prendono il 20% in meno dei maschi. A questi dati non corrisponde alcunché di simile per le classi dirigenti. In questi anni gli stipendi dei manager, grazie anche alle laute elargizioni di premi in azioni quasi esentasse, hanno raggiunto i vertici delle retribuzioni mondiali. E’ sicuro che se un operaio è al 23esimo posto nella classifica Ocse, chi comanda nella sua fabbrica si batte per il primo.
Anche la ricchezza finanziaria ha raggiunto in Italia un livello di concentrazione tra i più alti del mondo, mentre la distribuzione del reddito è tra le più sperequate. Insomma, mentre i salari dei lavoratori andavano giù, i profitti, le rendite, i premi per i dirigenti, partivano verso le stelle.
Questa catastrofe sociale si è accompagnata al progressivo crollo della competitività industriale ed economica del nostro paese. Peggio andavano i salari, peggio andava la capacità dell’Italia di produrre, vendere, esportare. Ci sarà un rapporto tra le due cose? Noi pensiamo di sì. Noi siamo convinti che il progressivo declino dei salari, che erano il 60% del reddito nazionale negli anni Settanta e che oggi sono sotto il 48%, sia una delle cause fondamentali della stagnazione economica e sociale del paese. A forza di comprimere e tagliare i salari, è venuta meno in Italia quella spinta fondamentale all’innovazione, alla ricerca, alla crescita della qualità, che invece nel passato aveva permesso la crescita. La politica della concertazione, dei patti sociali, dello scambio tra moderazione salariale e sviluppo, non ha prodotto risultati. Anzi, a 15 anni dall’abolizione della scala mobile e dalla scelta di una politica salariale moderata, il bilancio economico e sociale è negativo. I salari sono andati giù e la produttività e la competitività del sistema li ha seguiti verso il basso.
Per queste ragioni, se è giusto incolpare Berlusconi per gli ultimi disastri, se si vuole davvero cambiare, bisogna che la politica salariale del paese cambi rotta. E’ pertanto necessaria una svolta di fondo nell’iniziativa sindacale.
Ci sono almeno tre punti fermi che è indispensabile affermare:
1. bisogna riconoscere il principio per cui la crescita dei salari è la leva fondamentale per uno sviluppo più gusto del paese. Occorre un vero e proprio ribaltamento della vecchia politica dei due tempi, che prometteva la giustizia dopo la crescita e lo sviluppo. Bisogna far crescere qui ed ora i salari, e si vedrà che in questo modo anche il paese riprenderà a svilupparsi.
2. la crescita dei salari non può avvenire solo con le scelte di politica redistributiva dei governi, con il fisco o con lo stato sociale. E’ necessaria una politica salariale offensiva da parte del sindacato. Bisogna abbandonare la politica della moderazione salariale con l’obiettivo di recuperare almeno il deficit del salario italiano rispetto alla media europea.
3. per ottenere questo occorre una nuova fase di conflitto sociale. Senza di essa non si va da nessuna parte, perché né le imprese, né tutti coloro che si sono arricchiti a discapito dei salari rinunceranno per bontà a quanto hanno ottenuto.
Andiamo tra qualche giorno a votare per mandare via Berlusconi, ma poi, per meglio difendere le nostre buste paga, presentiamoci in tanti ai banchetti ove si raccolgono le firme per ripristinare la scala mobile.
di Giorgio Cremaschi (martedì 4 aprile)
Da: www.liberazione.it
Lo sprofondare dei salari italiani, così come emerge dall’ultima indagine dell’Ocse, come sindacalista mi fa vergognare.
Certo, è giusto arrabbiarsi con Berlusconi, il suo governo, la sua politica per i ricchi, il suo incredibile negare la realtà di un generale diffuso impoverimento. Questa rabbia si tradurrà, speriamo, in un voto che mandi a casa il Presidente del Consiglio, anche per far respirare un po’ le nostre buste paga.
Ma dai dati dell’Ocse emerge un quadro ben più grave di quello riconducibile alle scelte di classe di questo governo. Sopra di noi stanno paesi che hanno governi di centrosinistra, così come di centrodestra. Paesi di antica industrializzazione, dal Belgio alla Germania, alla Francia, e paesi che ci hanno scavalcato, dalla Spagna fino alla Corea del Sud. Le retribuzioni di quest’ultimo paese, è bene ricordarlo, solo quindici anni fa venivano utilizzate come spauracchio per i lavoratori italiani, così come oggi avviene per quelle cinesi. Se andiamo avanti così tra una decina d’anni anche i salari cinesi saranno sopra i nostri. Siamo a una catastrofe che viene da lontano.
I salari italiani non solo sono al 23esimo posto nella classifica tra i trenta paesi più industrializzati, ma sono sotto di ben il 19% rispetto alla media dei paesi dell’Euro. Nella sostanza, un lavoratore italiano medio perde più di due mensilità all’anno rispetto ai colleghi francesi, tedeschi, inglesi, belgi. E questa è una media, che nasconde il dramma dei salari dei precari, giovani o anziani che siano, e lo scandaloso permanere di un differenziale negativo per le donne, che a parità di lavoro prendono il 20% in meno dei maschi. A questi dati non corrisponde alcunché di simile per le classi dirigenti. In questi anni gli stipendi dei manager, grazie anche alle laute elargizioni di premi in azioni quasi esentasse, hanno raggiunto i vertici delle retribuzioni mondiali. E’ sicuro che se un operaio è al 23esimo posto nella classifica Ocse, chi comanda nella sua fabbrica si batte per il primo.
Anche la ricchezza finanziaria ha raggiunto in Italia un livello di concentrazione tra i più alti del mondo, mentre la distribuzione del reddito è tra le più sperequate. Insomma, mentre i salari dei lavoratori andavano giù, i profitti, le rendite, i premi per i dirigenti, partivano verso le stelle.
Questa catastrofe sociale si è accompagnata al progressivo crollo della competitività industriale ed economica del nostro paese. Peggio andavano i salari, peggio andava la capacità dell’Italia di produrre, vendere, esportare. Ci sarà un rapporto tra le due cose? Noi pensiamo di sì. Noi siamo convinti che il progressivo declino dei salari, che erano il 60% del reddito nazionale negli anni Settanta e che oggi sono sotto il 48%, sia una delle cause fondamentali della stagnazione economica e sociale del paese. A forza di comprimere e tagliare i salari, è venuta meno in Italia quella spinta fondamentale all’innovazione, alla ricerca, alla crescita della qualità, che invece nel passato aveva permesso la crescita. La politica della concertazione, dei patti sociali, dello scambio tra moderazione salariale e sviluppo, non ha prodotto risultati. Anzi, a 15 anni dall’abolizione della scala mobile e dalla scelta di una politica salariale moderata, il bilancio economico e sociale è negativo. I salari sono andati giù e la produttività e la competitività del sistema li ha seguiti verso il basso.
Per queste ragioni, se è giusto incolpare Berlusconi per gli ultimi disastri, se si vuole davvero cambiare, bisogna che la politica salariale del paese cambi rotta. E’ pertanto necessaria una svolta di fondo nell’iniziativa sindacale.
Ci sono almeno tre punti fermi che è indispensabile affermare:
1. bisogna riconoscere il principio per cui la crescita dei salari è la leva fondamentale per uno sviluppo più gusto del paese. Occorre un vero e proprio ribaltamento della vecchia politica dei due tempi, che prometteva la giustizia dopo la crescita e lo sviluppo. Bisogna far crescere qui ed ora i salari, e si vedrà che in questo modo anche il paese riprenderà a svilupparsi.
2. la crescita dei salari non può avvenire solo con le scelte di politica redistributiva dei governi, con il fisco o con lo stato sociale. E’ necessaria una politica salariale offensiva da parte del sindacato. Bisogna abbandonare la politica della moderazione salariale con l’obiettivo di recuperare almeno il deficit del salario italiano rispetto alla media europea.
3. per ottenere questo occorre una nuova fase di conflitto sociale. Senza di essa non si va da nessuna parte, perché né le imprese, né tutti coloro che si sono arricchiti a discapito dei salari rinunceranno per bontà a quanto hanno ottenuto.
Andiamo tra qualche giorno a votare per mandare via Berlusconi, ma poi, per meglio difendere le nostre buste paga, presentiamoci in tanti ai banchetti ove si raccolgono le firme per ripristinare la scala mobile.
di Giorgio Cremaschi (martedì 4 aprile)
Da: www.liberazione.it
domenica, aprile 02, 2006
Natalia Andrade, nuova ragazza immagine della Vodafone
sabato, aprile 01, 2006
Cellulari e salute: ancora dibattiti

Cellulari e salute: ancora dibattiti
1 Aprile 2006
Prosegue il dibattito sugli effetti sulla salute dell'utilizzo prolungato dei telefonini.
Questa volta gli avvertimenti ad un utilizzo consapevole arrivano da uno studio condotto dall'università svedese di Oerebro in collaborazione con il Ministero del Lavoro.
Secondo i ricercatori, utilizzare il telefono per un'ora al giorno, per 200 giorni lavorativi all'anno, porterebbe ad alti rischi di tumore al cervello dopo 10 anni, in particolar modo se chi inizia ha meno di 20 anni.
I ricercatori hanno dichiarato che l'intento di questo studio non è quello di generare allarmismi ma di far sì che la gente utilizzi i cellulari con più attenzione e scelga, quando possibile, di utilizzare linee fisse o auricolari.
Da: www.cellulari.it
venerdì, marzo 31, 2006
News Evolution Festival 2006, programma
Il programma fin' ora confermato:
14 Luglio:
Gates open at 3 pm; Show starts at 4 pm.
Running order:
W:O:A Metal Battle 2006, Methedras, The Famili, MacBeth, Dark Lunacy, Labyrinth, Death SS.
15 Luglio:
Gates open at 10 am; Show starts at 11 am.
Running order:
Arthemis, Nightmare, Eldritch, Korpiklaani, Haggard, Tristania, Destruction, Annihilator, Dark Tranquillity, Within Temptation, Cradle of Filth.
16 Luglio:
Gates open at 10 am; Show starts at 11 am.
Running order:
Kayser, Secret Sphere, Ensiferum, Sadist, Finntroll, The Gathering, Armored Saint, Atheist, Amon Amarth, Moonspell, Death Angel, Saxon.
14 Luglio:
Gates open at 3 pm; Show starts at 4 pm.
Running order:
W:O:A Metal Battle 2006, Methedras, The Famili, MacBeth, Dark Lunacy, Labyrinth, Death SS.
15 Luglio:
Gates open at 10 am; Show starts at 11 am.
Running order:
Arthemis, Nightmare, Eldritch, Korpiklaani, Haggard, Tristania, Destruction, Annihilator, Dark Tranquillity, Within Temptation, Cradle of Filth.
16 Luglio:
Gates open at 10 am; Show starts at 11 am.
Running order:
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giovedì, marzo 30, 2006
Non sono le tasse l’unica leva della giustizia sociale
Non sono le tasse l’unica leva della giustizia sociale
di Alessandro Santoro
Il congresso della Cgil l’idea di un patto fiscale per la legislatura alle porte ha ricevuto un consenso praticamente unanime. D’altronde, le richieste di Confindustria al prossimo governo sono basate in buona parte su provvedimenti di natura fiscale (in senso lato, ossia comprendenti anche il costo del lavoro). Nel recente dibattito tra Prodi e Berlusconi le questioni fiscali hanno avuto grande spazio e continuano ad averlo in questi giorni. Già questi scarni elementi suggeriscono di soffermarsi con attenzione sui contenuti, previsti e prevedibili, delle politiche fiscali di un eventuale governo di centrosinistra. Ci sono, secondo me, tre errori che vanno assolutamente evitati.
Il primo, è quello di scambiare i desideri con la realtà quando si parla di lotta all’evasione fiscale. Per quanto circoli un’ottimistica fiducia sugli effetti che potrà avere il semplice recupero di elementari standard minimi, quali la ripresa dei controlli e la fine dei condoni, bisogna capire che l’evasione è endemica in Italia e non sparisce con la bacchetta magica. Ma bisogna anche capire che per fare la “lotta all’evasione” è necessario mettere le mani all’interno dei meccanismi della macchina fiscale. Tra questi spiccano gli studi di settore, che rappresentano lo strumento che orienta, fin quasi a determinarla, l’azione di accertamento nei confronti di qualcosa come 4 milioni tra imprese medio-piccole e lavoratori autonomi, ovvero l’80% dei soggetti “potenzialmente” in grado di evadere (le partite Iva attive in Italia sono circa 5 milioni). Da questo punto di vista appare sconcertante che i partiti e i sindacati della sinistra che enunciano di continuo la priorità della lotta all’evasione non si occupino se non in misura alquanto limitata degli studi di settore né facciano riflessioni e proposte al riguardo di uno strumento di enormi potenzialità ed importanza fino ad oggi gestito in maniera ben poco trasparente (riflessioni e proposte in materia si possono trovare sul sito www. sinistriprogetti. it alla sezione “fisco e finanza pubblica”).
Il secondo errore è quello di pensare che lo sviluppo passi automaticamente attraverso la riduzione delle imposte e del costo del lavoro. L’Irap oggi viene pesantemente criticata da Confindustria, che però sembra dimenticare l’entità dello sgravio di cui hanno goduto le imprese con la riforma del 1998. C’è inoltre un accordo generale (anche sindacale) sulla riduzione del cuneo fiscale attraverso la riduzione dei contributi. Infine, da molte parti si registra un certo consenso sull’ipotesi di ripristino di una serie di agevolazioni fiscali cosiddette mirate: crediti d’imposta per gli investimenti e la ricerca, fiscalità di vantaggio per le zone in ritardo di sviluppo, detassazione degli utili reinvestiti. Sorgono spontanee alcune questioni.
Se, come molti dicono, il problema italiano è quello della vetusta specializzazione produttiva e non quello dei costi elevati, perché la riduzione delle imposte e/o dei contributi dovrebbe essere risolutiva? Perché Francia e Germania, negli ultimi anni, hanno attratto cospicui investimenti dall’estero pur avendo un livello di tassazione delle imprese e di costo del lavoro non certamente molto inferiore a quello italiano? Considerando i costi diretti ed indiretti degli incentivi - in un paese a basso tasso di legalità come l’Italia vanno predisposte ogni volta apposite verifiche dei requisiti di chi ottiene (spesso in modo automatico) le agevolazioni - perché si è così sicuri che questi siano preferibili al finanziamento di progetti pubblici di ricerca di base ed applicata?
Il terzo errore è quasi culturale. Il fisco agisce “a valle” dei processi di creazione e distribuzione della ricchezza. L’impatto del fisco sull’esito conclusivo di questi processi è, quindi, inferiore sia quantitativamente sia qualitativamente rispetto agli elementi sociali (la demografia e le migrazioni), economici (la produttività) e politici (il conflitto tra capitale e lavoro) che agiscono a monte dei processi stessi. Ciò non toglie nulla all’importanza del fisco nell’ambito delle politiche pubbliche quindi sul piano, anche simbolico, del rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini. Ma rende anche illusoria l’idea - non esplicitamente sostenuta, ma nei fatti spesso prevalente - che la sinistra possa affidare la giustizia sociale al fisco riducendo in misura corrispondente l’attenzione e la conflittualità su ciò che accade nel mondo della produzione e del lavoro.
30 marzo 2006
Da: www.liberazione.it
di Alessandro Santoro
Il congresso della Cgil l’idea di un patto fiscale per la legislatura alle porte ha ricevuto un consenso praticamente unanime. D’altronde, le richieste di Confindustria al prossimo governo sono basate in buona parte su provvedimenti di natura fiscale (in senso lato, ossia comprendenti anche il costo del lavoro). Nel recente dibattito tra Prodi e Berlusconi le questioni fiscali hanno avuto grande spazio e continuano ad averlo in questi giorni. Già questi scarni elementi suggeriscono di soffermarsi con attenzione sui contenuti, previsti e prevedibili, delle politiche fiscali di un eventuale governo di centrosinistra. Ci sono, secondo me, tre errori che vanno assolutamente evitati.
Il primo, è quello di scambiare i desideri con la realtà quando si parla di lotta all’evasione fiscale. Per quanto circoli un’ottimistica fiducia sugli effetti che potrà avere il semplice recupero di elementari standard minimi, quali la ripresa dei controlli e la fine dei condoni, bisogna capire che l’evasione è endemica in Italia e non sparisce con la bacchetta magica. Ma bisogna anche capire che per fare la “lotta all’evasione” è necessario mettere le mani all’interno dei meccanismi della macchina fiscale. Tra questi spiccano gli studi di settore, che rappresentano lo strumento che orienta, fin quasi a determinarla, l’azione di accertamento nei confronti di qualcosa come 4 milioni tra imprese medio-piccole e lavoratori autonomi, ovvero l’80% dei soggetti “potenzialmente” in grado di evadere (le partite Iva attive in Italia sono circa 5 milioni). Da questo punto di vista appare sconcertante che i partiti e i sindacati della sinistra che enunciano di continuo la priorità della lotta all’evasione non si occupino se non in misura alquanto limitata degli studi di settore né facciano riflessioni e proposte al riguardo di uno strumento di enormi potenzialità ed importanza fino ad oggi gestito in maniera ben poco trasparente (riflessioni e proposte in materia si possono trovare sul sito www. sinistriprogetti. it alla sezione “fisco e finanza pubblica”).
Il secondo errore è quello di pensare che lo sviluppo passi automaticamente attraverso la riduzione delle imposte e del costo del lavoro. L’Irap oggi viene pesantemente criticata da Confindustria, che però sembra dimenticare l’entità dello sgravio di cui hanno goduto le imprese con la riforma del 1998. C’è inoltre un accordo generale (anche sindacale) sulla riduzione del cuneo fiscale attraverso la riduzione dei contributi. Infine, da molte parti si registra un certo consenso sull’ipotesi di ripristino di una serie di agevolazioni fiscali cosiddette mirate: crediti d’imposta per gli investimenti e la ricerca, fiscalità di vantaggio per le zone in ritardo di sviluppo, detassazione degli utili reinvestiti. Sorgono spontanee alcune questioni.
Se, come molti dicono, il problema italiano è quello della vetusta specializzazione produttiva e non quello dei costi elevati, perché la riduzione delle imposte e/o dei contributi dovrebbe essere risolutiva? Perché Francia e Germania, negli ultimi anni, hanno attratto cospicui investimenti dall’estero pur avendo un livello di tassazione delle imprese e di costo del lavoro non certamente molto inferiore a quello italiano? Considerando i costi diretti ed indiretti degli incentivi - in un paese a basso tasso di legalità come l’Italia vanno predisposte ogni volta apposite verifiche dei requisiti di chi ottiene (spesso in modo automatico) le agevolazioni - perché si è così sicuri che questi siano preferibili al finanziamento di progetti pubblici di ricerca di base ed applicata?
Il terzo errore è quasi culturale. Il fisco agisce “a valle” dei processi di creazione e distribuzione della ricchezza. L’impatto del fisco sull’esito conclusivo di questi processi è, quindi, inferiore sia quantitativamente sia qualitativamente rispetto agli elementi sociali (la demografia e le migrazioni), economici (la produttività) e politici (il conflitto tra capitale e lavoro) che agiscono a monte dei processi stessi. Ciò non toglie nulla all’importanza del fisco nell’ambito delle politiche pubbliche quindi sul piano, anche simbolico, del rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini. Ma rende anche illusoria l’idea - non esplicitamente sostenuta, ma nei fatti spesso prevalente - che la sinistra possa affidare la giustizia sociale al fisco riducendo in misura corrispondente l’attenzione e la conflittualità su ciò che accade nel mondo della produzione e del lavoro.
30 marzo 2006
Da: www.liberazione.it
mercoledì, marzo 29, 2006
Flessibilità del lavoro, lo scontro sociale in occidente è il futuro?
Francia in rivolta, tre milioni in corteo. Villepin isolato sceglie lo scontro
di Francesco Giorgini
E’ pienamente riuscita ogni oltre aspettativa la giornata di mobilitazione nazionale contro il Contratto di prima assunzione (Cpe). Milioni di persone hanno sfilato pacificamente in decine di città francesi per mandare un segnale chiaro al governo: ritirare la legge o la rivolta continuerà. Ai margini dei cortei ci sono stati alcuni disordini, i più gravi a Parigi dove la polizia ha fermato almeno 150 persone.
Ma le violenze non hanno oscurato l’ampiezza della mobilitazione sindacale e studentesca, ritenuta cruciale per il futuro del movimento di contestazione del “contrat de première embauche”, che due francesi su tre rifiutano. Il principale sindacato, la Cgt, ha parlato di una partecipazione raddoppiata rispetto ai cortei del 18 marzo scorso. «E’ un maremoto» esulta il leader degli studenti Bruno Julliard. «E’ impensabile che il primo ministro resti fermo sulla sua posizione», gli fa eco il capo della Cgt, Bernard Thibault. Le manifestazioni sono state sostenute dagli scioperi che hanno paralizzato in particolare le scuole, le stazioni ferroviarie, causato l’annullamento di decine di voli e disturbato i trasporti pubblici in oltre 70 città. Si va delineando intanto lo scontro politico fra il premier de Villepin e il ministro degli interni Sarkozy. Quest’ultimo ha chiesto di sospendere «l’applicazione» del Cpe, ma Villepin ha ribadito che non intende «in alcun modo» ritirare il provvedimento.
29 marzo 2006
Da: www.liberazione.it
di Francesco Giorgini
E’ pienamente riuscita ogni oltre aspettativa la giornata di mobilitazione nazionale contro il Contratto di prima assunzione (Cpe). Milioni di persone hanno sfilato pacificamente in decine di città francesi per mandare un segnale chiaro al governo: ritirare la legge o la rivolta continuerà. Ai margini dei cortei ci sono stati alcuni disordini, i più gravi a Parigi dove la polizia ha fermato almeno 150 persone.
Ma le violenze non hanno oscurato l’ampiezza della mobilitazione sindacale e studentesca, ritenuta cruciale per il futuro del movimento di contestazione del “contrat de première embauche”, che due francesi su tre rifiutano. Il principale sindacato, la Cgt, ha parlato di una partecipazione raddoppiata rispetto ai cortei del 18 marzo scorso. «E’ un maremoto» esulta il leader degli studenti Bruno Julliard. «E’ impensabile che il primo ministro resti fermo sulla sua posizione», gli fa eco il capo della Cgt, Bernard Thibault. Le manifestazioni sono state sostenute dagli scioperi che hanno paralizzato in particolare le scuole, le stazioni ferroviarie, causato l’annullamento di decine di voli e disturbato i trasporti pubblici in oltre 70 città. Si va delineando intanto lo scontro politico fra il premier de Villepin e il ministro degli interni Sarkozy. Quest’ultimo ha chiesto di sospendere «l’applicazione» del Cpe, ma Villepin ha ribadito che non intende «in alcun modo» ritirare il provvedimento.
29 marzo 2006
Da: www.liberazione.it
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